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10 anni dopo Fukushima la resilienza del popolo giapponese

Da Yokohama la testimonianza di Marcella Morganti: è l'unica sammarinese residente in Giappone, dove vive da 30 anni.

di Luca Salvatori
11 mar 2021
in collegamento Marcella Morganti
in collegamento Marcella Morganti

A 10 anni dall'immane tragedia i residenti delle aree maggiormente colpite - le prefetture di Fukushima, Iwate e Miyagi - hanno osservato un minuto di silenzio. Anche l'imperatore Naruhito e la consorte Masako hanno commemorato le vittime nel memoriale allestito al Teatro Nazionale di Tokio. Esattamente alle 14:46, le 6:46 in Italia, del 2011, un sisma di magnitudo 9, il quarto più violento mai registrato nella storia, fece tremare per sei interminabili minuti tutta la regione del Tohoku, nel nord est del paese. 22.200 le vittime. Non dimenticherà mai quei giorni, Marcella Morganti, unica sammarinese residente in Giappone che vive da 30 anni, a Yokohama, dove insegna italiano e francese alla Soka University.



Ma Fukushima non è solo un brutto ricordo: “Sono in corso tuttora – racconta – le operazioni per decontaminare le zone radioattive. Ne rimane una ristretta a 20 km dalla centrale. I lavori per dismettere i reattori richiederanno almeno altri 20 anni, stando alle dichiarazioni del governo giapponese, all'epoca del disastro”. L'incubo radioattivo, dunque, non è ancora cessato ma il popolo giapponese – nonostante la distruzione e i lutti del terremoto e dello tsunami - ha saputo reagire: “La resilienza – commenta Marcella Morganti – è una delle parole chiave, dei punti di forza del popolo giapponese. Abbiamo visto in questi anni esempi magnifici di ricostruzione e di ripresa in mano della propria vita, di persone che avevano perso tutto: i propri cari, la casa, il lavoro, la città. C'è tanto da imparare da queste persone”.




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