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10 aprile 1991: il disastro della Moby Prince

10 apr 2018
Lo scheletro della Moby Prince
Lo scheletro della Moby Prince
Sono le 22.03 di mercoledì 10 aprile 1991, il traghetto di linea Moby Prince parte da Livorno con direzione Olbia. A bordo 140 persone, 76 passeggeri e 65 membri dell'equipaggio, agli ordini del comandante Ugo Chessa. Circa venti minuti dopo il traghetto percorre la rada che poi immette in mare aperto. In quel tratto avviene l'irreparabile: la nave passeggeri finisce con la prua nella pancia della petroliera Agip Abruzzo, nei cui serbatoi sono stipati 2.700 tonnellate di petrolio. In pochi attimi il mare attorno si trasforma in una larga macchia nera che inizia a prendere fuoco, avvolgendo la prua della nave passeggeri.

Alle 22.25 arriva il "may day" del marconista della Prince, seguito dieci minuti dopo dall'allarme dato via radio dal comandante dell'Agip Renato Superina, che conferma la collisione. I soccorsi raggiungono il luogo dell'impatto verso le 23, traendo in salvo i 18 occupanti della petroliera. Dell'altra nave se ne sono perse le tracce. Soltanto alle 23.35, e per puro caso, due ormeggiatori s'imbattono nella Moby Prince che ormai è un inferno di fuoco, in mezzo al quale viene colto un unico segno di presenza umana: attaccato al parapetto, il mozzo di origini napoletane Alessio Bertrand è riuscito ad evitare le fiamme e su esortazione dei due ormeggiatori si lancia in mare. Sarà l'unico sopravvissuto di quella notte.

L'amara constatazione dei fatti, confermata durante i processi, dice che il primo soccorritore a mettere piede sulla Prince è il marinaio Giovanni Veneruso, incaricato di agganciare la nave per trainarla con un rimorchiatore all'interno del porto. Il tutto avviene alle 3.30 del mattino quando ormai del traghetto resta ben poco. Ne scaturiscono, come detto, due processi: il primo per omissione di soccorso e omicidio colposo, il secondo per manomissione a bordo, che non portano ad alcuna condanna.

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