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1921-2021. Leonardo Sciascia. La ragione e il coraggio - L'editoriale del Dg Carlo Romeo

8 gen 2021
@Angelo Pitrone: Sciascia. Dal volume “Leonardo Sciascia. Quasi guardandosi in uno specchio” (globalist.it)
@Angelo Pitrone: Sciascia. Dal volume “Leonardo Sciascia. Quasi guardandosi in uno specchio” (globalist.it)

Leonardo Sciascia nasceva cento anni fa. Era un uomo, fra le molte altre cose, notoriamente silenzioso, in termini quasi imbarazzanti quanto meno per gli altri anche se sicuramente non per lui. Il suo era il silenzio siciliano, quello che comunica solo con gli occhi, frutto di una terra troppo spesso dominata da stranieri che parlavano lingue incomprensibili e pertanto inutili. Il linguaggio degli occhi è infatti universale oltre che il primo linguaggio che ha usato l'uomo e in questo Sciascia era maestro. Era maestro anche nel rigore intellettuale, un rigore feroce guidato da una intelligenza non conformista che anzi aborriva ogni forma di conformismo culturale e politico, ogni esibizionismo del nulla dove spesso chi non aveva (e ancora oggi non ha) nulla da dire o da scrivere, lo diceva e lo scriveva continuamente. Il suo rispetto per le parole e per le immagini (gli inutili selfie di oggi lo avrebbero letteralmente nauseato) era istintivo e consolidato. 

Fu lui a parlare per primo o fra i primi, a proposito di rigore intellettuale, di "professionisti dell'antimafia" oppure ad andare oltre il luogo comune comodo e superficiale di un terrorismo politico spietato, cercando di capirne le fondamenta. Comprendere e poi con coraggio proporre tesi apparentemente improbabili, come ancora per esempio, la carcerazione di Enzo Tortora quando tutta Italia o quasi era pronto alla sua condanna, fra invidie piccine e morbosità forcaiole. Fu pesantemente aggredito per tutte queste cose sui giornali e in parlamento, spesso da chi proprio in questi giorni ne sta lodando la storia e la persona, come spesso purtroppo accade.
A Montecitorio interveniva poco e anche qui sempre molto brevemente, con parole pesatissime e spesso pesantissime occupandosi di poche cose sempre fondamentali. La Commissione Moro, l'ostruzionismo radicale contro le leggi speciali dove fu il deputato del gruppo parlamentare radicale che parlò di meno a differenza di Marco Boato, altro grandissimo parlamentare, che parlò ininterrottamente per diciotto ore, senza neppure poter bere un bicchiere di latte perché la Presidente Iotti non lo consentiva. Ascoltava tutto e tutti con estrema attenzione - e altrettanta diffidenza - con il tratto umano del maestro di scuola che era con orgoglio rimasto ma anche del Maestro di una generazione di giovani che lo leggeva e lo seguiva. 

Lo vidi l'ultima volta in una sera di pioggia nella sua casa di Racalmuto. Accompagnavo un suo ospite atteso e saremmo poi ripartiti per Agrigento nel cuore della notte. Arrivammo fradici di pioggia e la sua attenzione di ospite siciliano al nostro stato - la cortesia più attenta al mondo è quella siciliana, pari solo a quella piemontese - era stata perfetta. Chi scrive aveva alle spalle anche ore e ore al volante, da una paese all'altro, da una Sicilia all'altra, e gli occhi che si incrociavano dal sonno ma quella conversazione fra Sciascia e il suo ospite - che peraltro lo aveva convinto a fatica, molta fatica, a candidarsi a Montecitorio qualche anno prima - era qualcosa che faceva superare rapidamente il sonno.
Poi fu di nuovo la pioggia fino alla Valle dei Templi dove avevamo prenotato le camere in un piccolo albergo. Ci accompagnò fino a fuori e l'ultima cosa fu una segnalazione bibliografica al più giovane dei due per un classico che fra il perplesso e l'esterefatto, aveva scoperto non essere stato letto dal medesimo.
Sapevamo tutti che ci sarebbe mancato ma mai così tanto e mai come oggi. 

cr 


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