24 febbraio 1990: muore a Roma Sandro Pertini

24 febbraio 1990: muore a Roma Sandro Pertini.
Sandro Pertini, all’anagrafe Alessandro Pertini, nato a San Giovanni di Stella il 25 settembre 1896 e morto a Roma il 24 febbraio 1990, è stato un politico, giornalista e partigiano italiano nato da una famiglia benestante. Studiò al Liceo Ginnasio Gabriello Chiabrera di Savona e proprio in quegli anni, grazie al professore Adelchi Baratono, si avvicinò al socialismo. Dopo essersi laureato in giurisprudenza e in scienze politiche e sociali partecipò alla Prima guerra mondiale e una volta concluso il conflitto intraprese la professione di forense. Subito dopo aver concluso gli studi abbracciò le idee del Partito Socialista, alle quali restò fedele fino alla morte, avvenuta nel 1990.

Per lui era necessario far coesistere la libertà con la giustizia sociale, punto essenziale per la realizzazione degli ideali socialisti:

“Non vi può essere vera libertà senza giustizia sociale, come non vi può essere vera giustizia sociale senza libertà“.

Nel ventennio del fascismo fu uno dei massimi esponenti contrari al regime, motivo per cui fu perseguitato dagli squadristi e condannato a otto mesi di carcere. A causa della condanna fu costretto ad andare in esilio in Francia dove, per guadagnare, svolse i lavori più umili. Quattro anni più tardi riuscì a rientrare in patria sotto falso nome, ma dopo l’arresto fu condannato prima a un periodo di reclusione e poi al confino. Ma non bastò neanche l’allontanamento e lui, con estrema convinzione, continuò la sua azione politica fino al rientro nel 1943. Nell’immediato dopoguerra fu anche il direttore de L’Avanti e de Il Lavoro.

Fin da subito partecipò alla vita politica italiana e cercò di mediare tra le posizioni di Pietro Nenni e Giuseppe Saragat, senza però riuscire nel suo intento. Durante la contestazione studentesca del 1968 divenne Presidente della Camera dei Deputati e proprio nel corso di quella carica si rifiutò di firmare il decreto di aumento di indennità ai deputati, palesando la propria disapprovazione del’iniziativa.

Dieci anni dopo, l’8 luglio 1978, fu eletto Presidente della Repubblica al sedicesimo scrutinio, trovando l’appoggio di tutti i partiti democratici e antifascisti, per un totale di 882 voti su 995, record di preferenze. A candidarlo furono il democristiano Zaccagnini, il comunista Natta e il repubblicano La Malfa. Sandro Pertini fu il Presidente più amato e negli anni del mandato contribuì a fare della figura del Presidente della Repubblica l’emblema dell’unità nazionale.

Con lui è certamente cambiato il rapporto tra la prima carica dello Stato e i suoi concittadini: grazie alla sua personalità, alla sua grande esperienza umana, riuscì a ridare slancio e fiducia agli italiani delusi dalla politica del tempo e questo perché per lui ogni atto, ogni azione aveva il compito di rinsaldare il legame tra istituzioni e popolo.

Dedicò molta attenzione alla criminalità organizzata, denunciando l’attività della mafia e invitando tutti a non confondere i fenomeni criminosi della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta con i luoghi e le popolazioni in cui sono presenti:

“Vi sono altri mali che tormentano il popolo italiano: la camorra e la mafia. Quello che sta succedendo in Sicilia veramente ci fa inorridire. Vi sono morti quasi ogni giorno. Bisogna stare attenti a quello che avviene in Sicilia e in Calabria e che avviene anche con la camorra a Napoli. Bisogna fare attenzione a non confondere il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano con la camorra o con la mafia. Sono una minoranza i mafiosi. E sono una minoranza anche i camorristi a Napoli. Prova ne sia questo: quando è stato assassinato Pio La Torre, vi era tutta Palermo intorno al suo feretro. Quando è stato assassinato il generale Dalla Chiesa, con la sua dolce, soave compagna, che è stata più volte qui a trovarmi, proprio in questo studio, tutta Palermo si è stretta intorno ai due feretri per protestare. Quindi il popolo siciliano, il popolo calabrese ed il popolo napoletano sono contro la camorra e contro la mafia”.

Sandro Pertini, settimo Presidente della Repubblica, scelse di non andare a vivere nel Palazzo del Quirinale e continuò ad abitare nel suo appartamento romano di 35 m² con vista su Fontana di Trevi. Era solito dare attenzioni a tutti e, in particolare modo, ai giovani. Proprio a loro si rivolse in occasione dei discorsi di fine anno.

La notte del 24 febbraio 1990, a 93 anni, morì a Roma a causa di complicazioni derivanti da una caduta avvenuta pochi giorni prima. Come espressamente richiesto da lui, fu cremato e le sue ceneri furono deposte nel cimitero di Stella San Giovanni, il suo paese natale.

Sandro Pertini è stato il simbolo della lotta per la conquista della libertà e come ha scritto Indro Montanelli:

“Non è necessario essere socialisti per amare Pertini, Qualunque cosa egli dica o faccia, odora di pulizia, di lealtà e di sincerità“.

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