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8 marzo: da donne 59% segnalazioni reazioni avverse farmaci

8 mar 2014
8 marzo: da donne 59% segnalazioni reazioni avverse farmaci
8 marzo: da donne 59% segnalazioni reazioni avverse farmaci
Le donne sono più esposte alle reazioni avverse da farmaco rispetto agli uomini. Secondo i dati della Rete nazionale di farmacovigilanza, in Italia, nel 2011, il 59% delle segnalazioni spontanee di reazioni avverse da farmaco, ha interessato soggetti di sesso femminile, di tutte le fasce di età. "Il motivo è che molto spesso i farmaci vengono testati sugli uomini, anche se ad usufruirne sono entrambi i sessi". A dirlo è Fulvia Signani autrice del libro "La salute su misura. Medicina di genere non è medicina delle donne" (Este Edition, 2013, Ferrara). Uguali ma diverse: l'8 marzo è occasione per ricordare che, come in politica o in economia, anche per la salute servirebbero le quote rosa. "Nei gruppi campione di ricerca farmacologica, su 10 persone, solo tre sono donne. Quindi i farmaci sono testati soprattutto su uomini, che sono biologicamente e geneticamente diversi dalle donne", spiega Signani, che è presidente Comitato Unico di Garanzia delle pari opportunità dell'Azienda USL di Ferrara e docente incaricata di Promozione della salute all'Università di Ferrara. "Tra l'altro - aggiunge - il campione di uomini viene scelto con caratteristiche standard: giovane, 70 kg, in buona salute. Questo significa che, per ogni donna che pesa meno di 70 kg, quella stessa quantità di farmaco rappresenta un sovradosaggio, i cui effetti a volte sono all'origine delle reazioni avverse". I motivi per cui le donne non compaiono nei campioni di ricerca, sono vari. "Da un lato, potrebbero avere una gravidanza in corso, senza ancora averne riscontro. Dall'altro, la variabilità ormonale mensile fa si che non in tutti i giorni del mese la donna possa essere 'utile' come campione: per esempio durante il ciclo mensile, viene esclusa automaticamente". Insomma testare sull'uomo è più facile ma non più sicuro. "Servirebbe, anche da parte delle industrie - conclude l'esperta - maggiore attenzione per quella che ormai viene definita 'salute di genere', ovvero attenta alle differenze tra uomo e donna".

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