Logo San Marino RTV

Covid19 nei bambini: nuovo studio, per l'esperto ecco i reali rischi oggi e cosa aspettarsi in autunno

Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Paolo Palma dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma

23 lug 2022
Covid19 nei bambini: nuovo studio, per l'esperto ecco i reali rischi oggi e cosa aspettarsi in autunno

È stato caratterizzato per la prima volta il profilo del microbiota intestinale dei bambini affetti da COVID-19 che, grazie a particolari proprietà antinfiammatorie, sembra proteggerli dalle forme gravi della malattia. L’identikit arriva dai ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù che hanno condotto uno studio – il primo a livello internazionale – dedicato al rapporto tra il microbiota e l’infezione da SARS-CoV-2 in età pediatrica. La ricerca, appena pubblicata sulla rivista scientifica Frontiers in Cellular and Infection Microbiology, suggerisce possibili interventi terapeutici sul microbiota per contribuire al controllo della malattia.

Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Paolo Palma – Direttore UOC Di Immunologia Clinica e Vaccinologia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – per capire quali sono i dati emersi da questo studio, i reali rischi per bambini nella la situazione attuale e cosa aspettarsi dal prossimo autunno.

Cosa può dirci su questo studio?
Lo studio sulla composizione e sulla funzione del microbiota intestinale nei pazienti pediatrici con COVID-19 è stato condotto dall’Unità di Ricerca del Microbioma Umano, diretta dalla prof.ssa Lorenza Putignani, nell’ambito del progetto “CACTUS - Immunological studies in children affected by COVID and acute diseases” da me coordinato. Abbiamo valutato diverse cose, tra cui l’aspetto del microbiota che ovviamente non è da interpretare come un’entità a sé stante ma fa parte dell’insieme dei batteri che ci circonda e interagisce con il nostro sistema immunitario. I bambini, come già si era visto attraverso i dati precedenti, hanno una capacità di gestire meglio l’infiammazione data dal Covid-19 e questi dati supportano queste evidenze mostrando come comunque i pazienti pediatrici abbiano in effetti un microbiota che è di per sé meno infiammatorio. Nell’insieme, i dati raccolti evidenziano un potenziale collegamento tra la funzione del microbiota intestinale e il decorso clinico del COVID-19 in età pediatrica. Le analisi del gruppo di ricerca supportano l'ipotesi che - rispetto agli adulti - il microbiota dei bambini, con le sue proprietà antinfiammatorie, contribuisca a ridurre la gravità dell’infezione. Lo studio apre dunque all’ipotesi di interventi terapeutici sul microbiota per contribuire a controllare l'evoluzione di malattie importanti, incluso il COVID-19.

Quale è la situazione oggi nei bambini colpiti da Covid-19, i ricoveri sono calati?
Dal punto di vista pratico nei bambini l’infezione da Covid-19 rimane spesso silente ma continua a rappresentare un problema consistente poiché colpisce i bambini con patologie croniche. I pazienti che noi vediamo maggiormente sono pazienti cronici che hanno risposto solo parzialmente alla vaccinazione e che quindi si reinfettano; chiaramente l’infezione in questi bambini è molto più problematica, non solo per la malattia che sviluppano, poiché complica il percorso di accesso alle cure e ad alcuni follow-up che devono seguire, con conseguente ritardo nell’assistenza a questi pazienti.

Quali sono i dati più significativi emersi dagli studi che avete svolto in ambito pediatrico sul Covid-19?
Tra le evidenze più interessanti, poi supportate anche da altri gruppi di ricerca, è innanzitutto emerso che questa condizione infiammatoria nei bambini riguarda un po' tutte le classi di età
, anche questo mese sono usciti dei dati da colleghi franco-svizzeri che dimostrano come le cosiddette forme infiammatorie sistemiche colpiscano anche in età neonatale. I bambini hanno una capacità di controllo dell’infiammazione indotta dal Covid molto maggiore quindi si infiammano meno rispetto all’adulto e ciò ne determina chiaramente una ridotta mortalità e morbidità. Alcuni bambini però non possiedono questa capacità di controllo e in questi pochi casi si osserva un’infiammazione sistemica, molto grave, che può manifestarsi con un’insufficienza cardiaca acuta ma anche con forme neurologiche piuttosto importanti con quadri di trombosi.



Perché alcuni bambini sono asintomatici e altri sviluppano sintomi più gravi?
C’è uno background genetico molto importante, ci sono alcuni geni coinvolti in maniera specifica nella via dell’infiammazione che sono diversamente espressi. La capacità di modulare questa attivazione genetica è alla base, insieme alla capacità delle cellule regolatorie del nostro sistema immunitario di modificare e modulare l’infiammazione. Nell’ambito pediatrico quello che vediamo nell’infezione da Covid-19 non è così diverso da quello che noi studiamo nell’immunologia da tanti anni, ovverosia ci sono dei bambini precedentemente sani che a contatto con un agente infettivo sviluppano una situazione particolarmente grave: Influenze che diventano mortali, encefaliti ecc. In questi bambini andando a studiare spesso si è vista un’alterazione genetica nei meccanismi che il nostro sistema immunitario ha di regolare l’infezione nell’incontro con quel patogeno; dunque, questo è qualcosa che già conoscevamo e che il covid ha confermato: ci sono dei geni che predispongono e questo è ancora più evidente nel paziente pediatrico.

Un bambino che ha già avuto il Covid e si reinfetta può sviluppare una forma grave non avendola avuta precedentemente?
In ambito pediatrico, dai dati che abbiamo a diposizione, una reinfezione non determina un maggior rischio di sviluppare una forma grave.

Molti bambini soffrono poi del Long Covid, chi colpisce e quali sono i sintomi?
È un argomento molto attuale e molto difficile che stiamo studiando. All’interno di questo Long Covid rientrano molti bambini con sintomi che sono anche di natura psicologica, legati anche alle misure di restrizione date nel tempo ai nostri ragazzi. Ci sono poi dei pazienti con dei quadri compatibili con quello che viene considerato a tutti gli effetti un “Long covid”, anche qui dato da un diverso controllo dell’infiammazione. Sembrerebbe infatti che si instauri un processo infiammatorio cronico sottostante che sia alla base di questa patologia caratterizzata da stanchezza cronica, febbricola, dolori muscolari ecc. I pazienti che si presentano con questa problematica possono essere anche bambini che hanno avuto la malattia in forma asintomatica. Vengono considerati pazienti con Long Covid tutti quelli che si presentano con sintomi tipici in seguito a infezione da Covid-19. Il problema è che rientrano in questa definizione anche tutti i bambini con sintomi di natura psichiatrica varia come la fame d’aria, il dolore toracico, il disturbo del sonno, ecc. Questa condizione rende difficoltoso lo screening di questi pazienti. Ad ogni modo è stato recentemente pubblicato sulla rivista Lancet, circa un mese, fa uno studio che evidenzia come la variante Omicron dia un tasso di Long Covid ridotto rispetto alla variante Delta.

A settembre si continuerà a vaccinare i bambini?
A settembre sicuramente continueremo a vaccinare i bambini più fragili,
per il resto nelle previsioni abbiamo imparato ad essere molto prudenti perché si rischia di dire delle inesattezze poiché quello che diciamo oggi domani potrebbe risultare assolutamente irreale. Avremo un autunno importante perché ci aspettiamo una ripresa dei numeri in un contesto di altre infezioni respiratorie che conosciamo bene. Il nostro obiettivo è arrivare a ottenere una copertura il più possibile ampia nella popolazione fragile che è quella più colpita da queste patologie sia in maniera diretta, con lo sviluppo di quadri più gravi, che in maniera indiretta, perché spesso la diffusione di queste malattie respiratorie ha dato e da un’importante handicap nella gestione dei pazienti che non riescono a fare gli esami nei tempi giusti.

Benedetta de Mattei






Riproduzione riservata ©