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Disagio economico: ne soffrono le donne single

11 gen 2006
Il primato negativo va alle donne: alle single separate, alle ragazze madri e alle nubili con figli. Il disagio economico femminile ha radici lontane, ma il processo attraverso cui le donne ci si ritrovano dentro rimane sostanzialmente lo stesso: l’abbandono del coniuge, una gravidanza inattesa ed è già allarme. Chi è solo deve fare i conti con un unico stipendio, ma non sarà un caso se delle 102 richieste di aiuto provenienti da single, 54 sono di donne che vivono sole perché separate.
Se estendiamo l’analisi al totale della popolazione vediamo che queste situazioni di disagio riguardano proprio le donne, che sono presenti in maggioranza tra i cosiddetti single. Sono le famiglie con un solo genitore a trovarsi di gran lunga nella situazione di maggiore disagio, seguite dalle persone che vivono sole e sono soprattutto le donne, vedove, separate e divorziate a dichiarare l’esistenza di problemi economici. In generale, mentre per gli uomini la condizione di vedovanza, separazione e divorzio modifica in misura modesta il tenore di vita, per le donne la rottura del legame di coppia – soprattutto in caso di separazione – ha conseguenze economiche notevoli. Trovarsi in questa situazione di disagio non significa necessariamente essere poveri. Le 219 richieste che hanno avuto accesso al fondo di solidarietà dello stato non riguardano persone che si possono definire strettamente povere ma che, sicuramente, non se la passano bene. Per questo parliamo di disagio economico, meglio adatto a descrivere quel senso di insicurezza e instabilità, che rende sempre più sfumati i confini tra chi e sopra o sotto certe soglie, tra chi è “incluso” e chi è “escluso” dalla società; parole come vulnerabilità e precarietà. Si scopre così una zona grigia sempre più ampia dove povertà è anche fragilità di relazioni, precarietà lavorativa, inadeguatezza ad un sistema dominato dalla competitività e dalla produttività, malattia. I parametri, le soglie, le cifre, i sondaggi fanno sempre più fatica a tracciare il disegno. E così si scopre che se da un lato le diseguaglianze sociali si acutizzano, c’è tutta un’ampia “terra di mezzo” dove si rischia sempre più spesso di trovarsi, forse non ancora classificabili come poveri, ma indubbiamente in uno stato di insicurezza crescente reale e percepita. Vite dove c’è spazio solo per l’essenziale, per quello che permette di arrivare alla fine del mese. Il resto è “un di più” destinato solo a chi “se lo può permettere”.

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