EDITORIALE

Domenica italiana. L'editoriale del Dg Carlo Romeo

Domenica italiana. L'editoriale del Dg Carlo Romeo.

Da casa mia, dopo la partita con la Spagna, sentivo i clacson sammarinesi festeggiare l'Italia in finale. Per me italiano ma ormai qui da poco meno di dieci anni e con un figlio che di lasciare il Titano non ci pensa proprio, non può che fare piacere. E, oltre Wembley, c'è Wimbledon con Berrettini, come ci ripetono ossessivamente radio, tv e giornali, specificando che è romano del Nuovo Salario a milioni di lettori che legittimamente ignorano dove sia il Nuovo Salario e persino che non esiste un Vecchio Salario a Roma. E poi il G20 con l'Italia di Mario Draghi protagonista, non dimentichiamocelo.
Una domenica italiana, comunque vada. Già a Rotterdam, per una edizione particolarmente complessa dell'Eurovision, si respirava con Alessandro Capicchioni e Marco Vannuzzi, prima ancora della vittoria dei Maneskin, aria di una Italia tornata improvvisamente di moda. E forse questo 2021, grazie forse anche ai mesi tragici del covid, sta schiodando una serie di italici luoghi comuni, come giustamente faceva notare un ormai antico amico come Massimo Gramellini.
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Certo di problemi ce ne sono ancora molti. Cambi di mentalità che portino dall'assistenzialismo lagnoso e impotente alla crescita solida e responsabile, dalla cultura del merito e non della livrea al superamento del fratricidio paramedievale. E poi l'invidia endemica e congenita, la stupida incoerenza che porta - tanto per fare un esempio - a evadere le tasse e poi a incazzarsi se in ospedale mancano i respiratori. Oppure la logica del costruirsi una propria verità e poi crederci e magari tentare di imporla agli altri, al di là di ogni riscontro oggettivo. Senza contare la criminalità organizzata a livello multinazionale, in grado di condizionare non solo l'economia generale ma anche in certi territori la vita quotidiana di ogni singolo abitante.
Sono solo alcuni dei tanti esempi che mi vengono in mente per sottolineare come di strada in Italia ce ne è ancora molta da fare. Però questa domenica potrebbe essere il simbolo di un periodo che finisce e di un altro che certamente a fatica però può nascere. Al Festival di Cannes ieri Matt Damon - grande sia come attore che come persona - ha detto che gli è venuto da piangere nel vedere una sala affollata da un migliaio di persone dopo tutti questi mesi. Non gli sarà mancata certo e legittimamente una comoda location dove passare il lockdown - potrà dire qualcuno - ma certamente quello che gli è mancato e che non si può comprare è la presenza di altre persone, lo stare insieme, che è ancora la cosa prioritaria per un animale sociale come il Sapiens, citando Re Julien, anche lui uno dei simboli dei nostri giorni e non dei meno rappresentativi.
Insomma godiamoci queste ore di attesa sperando che quelle che seguiranno a domani siano anche migliori.

cr
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