
Il 24 febbraio è approdato in prima lettura in Consiglio Grande e Generale il progetto di legge sulla cittadinanza per naturalizzazione. Il testo rappresenta una svolta che ha preso slancio con l’approvazione, l’8 marzo 2024, dell’Istanza d’Arengo – ispirata dal Comites – per l’abolizione dell’obbligo di rinuncia alla cittadinanza d’origine. Un cambio di passo che divide l’Aula e l’opinione pubblica, con visioni contrastanti anche all’interno degli stessi partiti.
Da una parte – com'è emerso nell'ultima puntata di Viceversa -, c’è chi teme conflitti di interesse legati alla doppia cittadinanza, paventando rischi per la sovranità e l’identità nazionale. Dall’altra, c’è chi vede nella riforma un’opportunità di giustizia sociale e inclusione. La Segreteria agli Interni, promotrice del pdl, parla di adeguamento al contesto internazionale e modernizzazione della normativa.
Non mancano le reazioni fuori dl Palazzo: circa dieci giorni fa, il Comitato civico per la cittadinanza ha consegnato alla Reggenza un'Istanza d'Arengo per mantenere la rinuncia, giudicando “irresponsabile” la proposta del governo.
Il testo prevede modifiche sostanziali: più flessibilità sui requisiti di dimora, eliminazione del giuramento per alcune categorie, conservazione della cittadinanza in caso di matrimonio. L’intento è valorizzare l’identità plurale della Repubblica, anche in vista dell’accordo di associazione con l’Ue.
"Chiedere a una persona, a mio avviso - commenta Andrea Belluzzi, Segretario di Stato per gli Affari Interni -, di rinunciare alla propria cittadinanza, quindi al proprio passato, alla propria storia, per acquisire la nostra, secondo me è il percorso sbagliato".
Il Comitato Civico per la Cittadinanza afferma che diverse Istanze d'Arengo siano rimaste lettera morta e accusa il governo di aver applicato un trattamento di favore in questo caso.
"C'è venuto un grosso dubbio del perché questo particolare atto legislativo - spiega Giovanni Giardi, Comitato Civico per la Cittadinanza - è stato pronto in poche settimane e pochi mesi".
Gian Nicola Berti (Ar) sottolinea che la doppia cittadinanza è uno status giuridico, non un diritto e lancia l'allarme su possibili conflitti d'interesse nel caso in cui chi ha più di una cittadinanza arrivi in Consiglio. Situazione per altro già in essere - gli fanno notare – con consiglieri e segretari di Stato possessori di due o tre cittadinanze e un segretario particolare che è anche sindaco in Italia. Gian Luigi Macina (Rete) lo indica come un atto di giustizia sociale e strumento di inclusione. Per Alessandro Amadei, presidente del Comites, la doppia cittadinanza non è un limite alla sovranità, ma un arricchimento dello Stato. Fernando Bindi contesta la mancanza del tema nei programmi elettorali. Punto contestato da alcuni presenti in studio.
"Possiamo affermare di essere sovrani - aggiunge Berti - grazie al fatto che certe scelte fatte nel tempo ci hanno dato la possibilità di distinguerci come enclave, ovvero non abbiamo la cittadinanza italiana".
"Dov'erano i contestatori e gli oppositori a questa riforma in tanti anni di discussioni che sono state fatte? - si chiede Amadei -. I matrimoni misti tra italiani e sammarinesi sono sempre più frequenti e quindi voi non vi ponete il problema dell'attentato alla sovranità nazionale per i cittadini originari che saranno sempre di più?".
Ad oggi, come ricordato in studio e anche in comma comunicazioni in Aula da Manuel Ciavatta, più della metà dei sammarinesi è anche italiano. Tra i residenti sul Titano un terzo ha il doppio passaporto. Il segretario Belluzzi, in chiusura di puntata, invita a valorizzare il tema della cittadinanza in sé, anziché chiedere di mantenere lo status quo, che già prevede, tramite discendenza, di aver più cittadinanze.
Nel video le voci di Andrea Belluzzi (Segretario di Stato per gli Affari Interni), Giovanni Giardi (Comitato Civico per la Cittadinanza), Gian Nicola Berti (Alleanza Riformista) e Alessandro Amadei (Presidente Comites San Marino)