Logo San Marino RTV

EDITORIALE Iran: no alle interferenze politiche. Sì alla solidarietà

26 giu 2009
L’ex presidente dell’Iran in esilio, profetizza la fine del regime degli ayatollah. Fondatore dell’unione dei musulmani democratici, crede nella causa del suo popolo che si batte per la libertà. Per lui, il potere in carica è colluso con le mafie militari e dell’economia.

Banisadr, che vive in esilio a Parigi in una villa discreta nel verde, in periferia, presidiata giorno e notte dagli uomini della sicurezza francese, è attualmente impegnato in un tour europeo per sostenere le ragioni del suo popolo, sceso in piazza dopo le elezioni politiche. Le elezioni dello scorso 12 giugno hanno riconfermato – come ha proclamato la guida suprema Khamenei – alla presidenza del paese Ahmadinejiad, ma il sospetto di brogli è diventato una certezza. In questi giorni di protesta ci sono stati morti e feriti, molto più numerosi di quelli ammessi dal regime, mentre gli arresti si contano a centinaia. Nel silenzio sceso per la censura, con gli inviati e i corrispondenti stranieri espulsi dal paese, continuano tuttavia a filtrare immagini e informazioni via internet. E ogni sera dalle terrazze si leva il grido “Allah U Akbar” Allah è grande, segno di una volontà di cambiamento, ma all’interno del sistema di una repubblica islamica.
Banisad ha accettato di rispondere alle mie domande di ritorno da Berlino.


Presidente, il regime replica alle proteste con il pugno di ferro. A suo giudizio basterà a fermare la piazza?

Sicuramente, in un colpo di stato è possibile l’uso della violenza contro la gente.
( Banisadr ha definito un colpo di stato la proclamazione a presidente di Ahamadinejiad n.d.r.) E’ possibile soprattutto quando c’è ambiguità. I due candidati in lizza, ovvero Ahmadinejiad e Moussavi in fondo fanno parte dello stesso regime. Il popolo ha percepito molto chiaramente la dichiarazione di Khamenei in occasione della preghiera del venerdì: lui ha fatto una dichiarazione di guerra contro il popolo. E’ normale che il regime faccia sentire il suo pugno di ferro. In questo modo è possibile un rallentamento della lotta degli iraniani, ma sarà solo un rallentamento.

Un’ammissione, benché parziale, è comunque un riconoscimento di colpa. Non crede che dichiarando l’esistenza di brogli, anche se in misura limitata, il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione abbia di fatto indebolito il regime?

La confessione del consiglio dei guardiani della rivoluzione è quella di aver trovato 3 milioni di voti falsi. Si sono comportati come quei ladri che mostrano solo in parte ciò che hanno rubato, per diminuire la propria colpa. E’ chiaro che loro ammettono di essere dei ladri. Nel regime iraniano confessare di essere ladri non è poco, ma non è tutto. Il regime ha utilizzato metodi diversi nel costruire i brogli. Ne vuole qualche esempio?
Il primo. In queste elezioni il numero dei seggi era 45.713, di cui 14.258 invece che fissi, mobili. Gli elettori hanno avuto a disposizione dalle 10 alle 14 ore di tempo per votare, a seconda che si trovassero nelle piccole città o in quelle grandi. Le autorità hanno diffuso il dato che sarebbero stati 26.800.000 gli iraniani alle urne. Trova ragionevole lei, che ci sia stato più di un voto al minuto? A me sembra impossibile. E sulla scorta di questo dato falso dato hanno attribuito ad Ahmadinejiad 12.200.000 voti. Lo hanno fatto, semplicemente, sulla base di un numero presunto di partecipanti.
Secondo. Hanno catalogato le schede per favorire in sede di spoglio Ahmadinejiad.
Terzo. I Pasdaran, i guardiani della rivoluzione, controllavano direttamente 15.000 seggi. Lì non ci sono state alternative: solo voti a favore di Ahmadinejiad.
Per finire, il colpo di stato di Khamenei (la guida suprema Khamenei ha proclamato immediatamente la vittoria di Ahmadinejiad, non dopo i tre giorni canonici n.d.r.) d’intesa con la mafia militare ed economica.
Per tutto questo, sicuramente, il regime si è indebolito.

Presidente, la paura corrompe e per di più la corruzione nel suo paese è diffusa. Non crede che dopo il deterioramento del quadro politico possa regredire anche il quadro sociale?

Nella storia dell’Iran il potere ha avuto tre pilastri : la Monarchia, il Clero e il Bazar. Reza Pahlevi ha tolto quello del Bazar (il potere economico dei grandi mercanti n.d.r.) e con la rivoluzione iraniana abbiamo tolto anche la monarchia. Con quest’ultima lotta, se il popolo riuscirà a fare pulizia, cadrà anche il potere religioso in Iran. Finalmente avremo un paese, che potrà crescere anche a livello sociale. Voglio ricordare, che nostro popolo ha una storia sociale, culturale e artistica di grande spessore mondiale.

Nella sua valutazione, l’ulteriore isolamento dell’Iran quali altri danni potrà provocare?

Sicuramente l’isolamento gioca a favore di Khamenei e delle mafie economiche e militari a lui vicine. Con la scusa dell’isolamento fanno le loro manovre e giustificano la situazione che si è creata ovvero l’Iran in difficoltà.
Tutte le crisi hanno bisogno di due contendenti, ma adesso il quadro internazionale è cambiato. Una volta, l’America di Bush rappresentava una concreta minaccia per l’Iran, ma cosa si può dire ora con Obama? Questa minaccia non esiste più. Ecco allora le difficoltà del regime iraniano. Ieri, poteva dire che la colpa era del grande satana cioè dell’America e della sua politica, oggi, deve inventare delle scuse per giustificarsi davanti al popolo iraniano. Vorrei sottolineare che l’isolamento è funzionale agli interessi di un regime. Il regime in Iran sta facendo ciò che gli pare e piace a danno del popolo. Chi paga in prima persona è il popolo. Mi stupisce che in occidente nessuno comprenda questa questione, questo aspetto cosi drammatico per l’Iran. A pensarci bene, tuttavia, non dovrei stupirmi: di stress nazionali i paesi occidentali ne hanno fin troppi!

Il grande ayatollah Montezeri ha detto: “ fare resistenza alle richieste del popolo è proibito anche dalla religione”. Una dichiarazione forte da parte di un uomo autorevole e prudente. Cosa significa? A prescindere dalla cronaca, le divisioni interne alla teocrazia sono comunque giunte al limite?

Un uomo autorevole e prudente, ha ragione. L’ayatollah Montezeri tanti anni fa ha detto chiaramente che Khamenei non rappresentava l’Islam. Qualche mese fa, addirittura, ha aggiunto che Khamenei è contro l’Islam. Le sue parole sono state: “si comporta come un miscredente”. Ma Montezeri ha influenza anche sui pasdaran, che credono in lui e lo considerano un uomo religioso e rappresentante dell’Islam ed ha
una influenza significativa anche sui Mullah al di fuori del potere del governo e di quello di Khamenei. Come lei sa, è stato minacciato ed emarginato dal regime.

Presidente, l’onda verde dimostra in ogni caso che in Iran si è creata una coscienza critica, che vuole il cambiamento all’interno della Repubblica islamica, sulla strada della democrazia. E’ oramai solo una questione di tempo?

Fino alle elezioni in Iran, coloro che invitavano a non votare in Iran sicuramente e giustamente non credevano che ci fosse una possibilità di cambiamento dall’ interno del regime, mentre è quello che vediamo in questi giorni. Ma qualcuno pensava che dando fiducia a Moussavi si potesse arrivare a qualche spazio in più, ad una boccata di ossigeno per il popolo Iraniano. Dopo la dichiarazione di Khamenei e della sua mafia economica e militare – come già dicevo, nella sostanza, una dichiarazione di guerra contro il popolo - la piazza è diventata più esigente: oggi i manifestanti lottano per la libertà, per la piena indipendenza dal regime. E’ giusto. Io credo che prima o poi quel giorno arriverà. Ho sempre detto, che ultima lettera di Rafzanjani a Khamenei (una lettera dai toni durissimi, densa di critiche, scritta da un ayatollah ad un altro ayatollah. n.d.r.) è l’inizio della fine del regime degli ayatollah in Iran.

Moussavi, che era stato al governo nei lontani anni ’80, si ritrova a vestire i panni del leader carismatico. E’ lui l’uomo della provvidenza o per la svolta serve un altro protagonista?

Moussavi si trova in difficoltà. Aveva detto che tornava in politica per salvare questo regime. Ma la truffa elettorale ha mischiato le carte. Il popolo è in piedi e lotta per la libertà, Moussavi a questo punto non può più restare all’interno del regime e affiancare la protesta contro i brogli. Moussavi deve scegliere. Il popolo comincia a soffrire la sua ambiguità, ma spera che lui definitivamente decida da che parte stare. Le minacce contro di lui, da parte del regime, sono venute proprio per questa ragione, per forzarlo a decidere. Gli hanno detto: se non ti ritiri farai la fine di Banisadr se non peggio (Banisadr prima di essere deposto nel 1981, subì due attentati n.d.r.). Oramai, l’alternativa è fuori del regime, se lui non esce dal regime sarà fuori gioco per il popolo Iraniano.

Presidente, i paesi europei spingono, gli Stati Uniti per il momento frenano, in una sorta di spartizione dei ruoli in commedia, sullo sfondo c’è la Russia di Putin, a fianco del governo in carica. Quali possibili scenari si aprono? Il dialogo con l’Iran, che vuole Obama, sarà più difficile?

A mio giudizio, il mondo esterno si può dividere in due grandi settori: le opinioni pubbliche e l’informazione da una parte, dall’altra le cancellerie. Le une possono e devono dichiararsi a favore del popolo iraniano e aiutarlo in questo momento difficile e doloroso. Questo aiuto darà forza al popolo iraniano. La solidarietà internazionale è come una medicina per le ferite e il dolore, creati dal potere degli ayatollah.
Non è così per quanto riguarda le cancellerie. Qualsiasi interferenza dei poteri, che siano occidentali o orientali diminuisce la forza della lotta in Iran, anzi autorizza gli ayatollah a creare maggior esasperazione. L’iraniano, che esce di casa per lottare e eventualmente per morire per i suoi diritti, deve essere sicuro che lotta per i suoi diritti.

Se Ahmadinejad dovesse averla vinta, l’opzione nucleare di Teheran, probabilmente, subirà un’accelerazione, con tutti i rischi che ciò comporta. Lei lo pensa, è pessimista?

Sono due le ipotesi: la prima, che il regime per recuperare tutto ciò che ha perduto in questa rivolta popolare cerchi di accelerare la questione atomica in Iran. Personalmente non lo credo: l’economia è al collasso, non ci sono risorse.
La seconda è l’opzione del dialogo con l’occidente. La mano tesa di Obama potrebbe essere utile a risolvere anche la difficile situazione, che attraversa l’economia.

Come si può aiutare il suo popolo? Lei cosa chiede? Lei, cosa può fare direttamente?

Quello che posso e sto facendo io è rendere sempre più chiaro l’obiettivo del popolo iraniano, al di fuori del potere di Velayat Faghih Khamenei. In 30 anni io e miei amici siamo stati gli unici a non credere al corso di una riforma all’ interno dell’attuale regime, fiduciosi invece nella lotta del popolo solo con le risorse del popolo e per il popolo senza aiuti di super potenze occidentali o orientali. Inoltre, da 30 anni siamo impegnati a rompere l’accerchiamento del regime, che abusa delle armi della censura. Le faccio un esempio: due settimane prima delle elezioni avevamo previsto le condizioni, che hanno portato ai brogli. E puntualmente si sono verificate. Avevamo previsto che Khamenei avrebbe incoronato Ahmadinejiad subito, senza attendere le verifiche.
Agli organi d’informazione chiediamo di fare pressione sui governi, affinché non interferiscano con la questione iraniana. Il nostro popolo, come state vedendo, lotta e lotterà. Prima o poi conquisterà la sua liberta e l’indipendenza. Naturalmente, io spero prima, che poi.

Carmen Lasorella

Riproduzione riservata ©