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EDITORIALE. Umanità muta

17 giu 2009
A nessuno si può chiedere di essere un eroe. L’eroe, anzi, non sa di esserlo. Agisce come gli detta la coscienza, l’onore, la generosità. E basta. Ma le immagini che ci ha proposto la cronaca, quelle immagini riprese dalle telecamere di servizio, dentro e fuori la metropolitana di Napoli, ci hanno dato il senso della vergogna. A quelle persone, che hanno visto morire un innocente, non si chiedeva eroismo: solo umanità. L’episodio è ancora più rilevante, perché non è accaduto in un posto qualsiasi: Napoli nell’immaginario è la capitale dell’umanità. Un’umanità sofferente, strappacore, mascalzona, irriverente, curiosa, immaginifica, talentuosa, gaudente. E’ difficile pensare che tutto questo sia perduto.
E’ pur vero, in tempi di furbizie e prepotenze, nel trionfo di pavide ignoranze, somministrate in dosi quotidiane, che il tessuto sociale si sfilacci, anche dove tiene forte, come a Napoli. La Napoli della camorra, della droga, dell’immondizia.
Ma non basta a spiegare.
Chi era quel uomo che moriva, colpito da pistole balorde, mentre la sua donna, sola, si disperava? Era un immigrato. Per di più rumeno. In pratica, un estraneo, un invisibile. Uno che non importa.
Questo può spiegare.
Siamo arrivati a questo punto. Il veleno che viene somministrato ogni giorno a corredo di politiche miopi e opportunistiche, addirittura esasperate nel caso dei rumeni, lentamente brucia lo spirito. E la paura fa il resto.
La paura, che soffoca e distrugge il senso di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. La paura, che alimenta la corruzione. La paura, usata per rendere deboli.
L’episodio di Napoli deve allora farci riflettere. Dobbiamo porci il problema della nostra umanità minacciata, che va difesa.
Per assurdo, un moto di pietà l’hanno avuto proprio quelle telecamere che hanno ripreso la scena. Erano telecamere mute. Ci hanno risparmiato le urla di una donna disperata, l’affanno della gente impaurita, il rantolo di un uomo che muore nell’indifferenza. Un musicista, che non potrà più regalare le note di una fisarmonica rumena.
Che almeno, la nostra coscienza si faccia sentire.

Carmen Lasorella

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