INCHIESTA - Aborto: una istanza chiede la "fine dell'ipocrisia", ma il mondo cattolico non cede

Da sei mesi a tre anni di prigionia. E' la punizione che la legge sammarinese stabilisce per le donne che ricorrono all'aborto, vietato in base all'art. 153 del codice penale del 1974. La materia è stata oggetto di cinque istanze d'Arengo, presentate alla Reggenza il 3 aprile 2016 per chiedere la depenalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza. Una dei firmatari è Vanessa Muratori, in passato parlamentare di Sinistra Unita.

Con le istanze, i cittadini hanno chiesto la depenalizzazione nei casi di problemi con patologie gravi o malformazioni per il feto, gravi rischi di salute per la donna, donne minorenni, situazioni di emarginazione o disagio sociale e nei casi di violenza sessuale. L'aborto è vietato, ma il divieto si aggira, per così dire, percorrendo qualche decina di chilometri.

Più che mandare la donna in carcere, è probabile che il giudice, su richiesta, scelga di applicare una misura alternativa, come l'affidamento ai servizi sociali. Per chi interrompe la gravidanza per “motivo d'onore” - questo il termine usato nell'articolo 154 del codice – c'è una punizione più bassa: la prigionia può andare da tre mesi a un anno.

Tra i cittadini il dibattito è acceso, specie via social network. Voci si sono alzate anche dal mondo cattolico. Una di queste è quella di Don Gabriele Mangiarotti, responsabile educazione e cultura della diocesi di San Marino e Montefeltro. In Consiglio Grande e Generale è in attesa d'esame un progetto di legge per rendere legale l'interruzione di gravidanza nei primi 90 giorni.

Nel servizio le interviste a Vanessa Muratori (firmataria istanze d'Arengo) e Don Gabriele Mangiarotti(responsabile diocesano Formazione e Cultura)

Mauro Torresi

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