Libertà di stampa nel mondo: 110 giornalisti uccisi nel 2015

Il diritto all'informazione come strettamente legato alla libertà di stampa. I Media come i nostri occhi e le nostre orecchie. I vincoli alla libertà di espressione come catene per il progresso. Muove da questi tre elementi il messaggio del segretario generale ONU Ban Ki Moon nella giornata mondiale a difesa dell'informazione libera, nel reiterare l'appello ai governi, alla politica, al potere economico a tutta la società perché vigilino e si impegnino a promuovere organi di informazione indipendenti. Mentre sono passati 250 anni dalla prima legge sulla libertà di informazione dell'era moderna, elaborata dai paesi scandinavi, continuano a pesare in tutto il mondo il bavaglio della censura, le minacce, gli attentati agli operatori dell'informazione. 110 giornalisti uccisi nel 2015 e solo un terzo di loro in teatri di guerra. 67 quelli che hanno perso la vita in circostanze ancora avvolte dal mistero, nei Paesi in cui la criminalità teme la libera stampa. I paesi più a rischio: Iraq, Siria India, India, Messico, Yemen, e iscrive anche la Francia, con il ricordo delle 8 vittime dell'attentato nella redazione di Charlie Hebdo, denunciando in genere il venir meno delle condizioni di sicurezza per gli operatori dei media. 54 quelli rapiti o tenuti ostaggio, ancora più alto quello dei giornalisti incarcerati per aver svolto il proprio lavoro: 154. 23 dietro le sbarre in Cina, 22 reporter sono attualmente in carcere in Egitto, 15 in Eritrea e 9 nella Turchia di Erdoan. E anche l'Italia che scende al 77 posto su 180 paesi nel rapporto sulla libertà di stampa, perde posizioni proprio per il numero di giornalisti sotto protezione o sottoposti a procedimenti giudiziari. In testa, come paese più libero, la Finlandia, all'ultimo posto l'Eritrea.

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