Operazione "Free ways": un futuro alle ragazze sfruttate

Operazione "Free ways": un futuro alle ragazze sfruttate.
Forse avranno un futuro le cinquanta ragazze, la maggior parte rumene e bulgare, sfruttate dall’organizzazione gestita da un gruppo di albanesi e rumeni.
Sono state affidate alla Comunità Papa Giovanni XXIII che negli anni ha salvato dal marciapiede migliaia di donne. Don Oreste Benzi ha voluto congratularsi personalmente con gli agenti e i magistrati della procura riminese per il lavoro svolto. L’organizzazione malavitosa 'reclutava' le ragazze nei Paesi di origine, poi c'era chi si occupava del loro trasporto in Italia e della sistemazione in residence e appartamenti. Altri componenti del gruppo provvedevano ai controlli sulle strade e a riscuotere gli incassi della loro attività sulla statale Adriatica. Da questa squallida vicenda emergono anche particolari inquietanti, storie di ordinaria e sistematica violenza. Le donne subivano una lunga serie di maltrattamenti fisici e psicologici. Quando disubbidivano venivano punite duramente: dai calci e pugni alle minacce di morte. La banda- di cui fanno parte anche quattro romene- era molto articolata e con base a Rimini. Alle ragazze veniva fornito vitto e alloggio, in cambio del 90 per cento del loro guadagno, per un giro d'affari stimato intorno ai 350.000 euro l’anno. Il gruppo agiva non solo su tutto il territorio riminese, da Bellaria a Cattolica, ma aveva ramificazioni anche in altre province, in particolare Pescara, Ancona, Ravenna e Venezia. Uno degli arresti è stato compiuto proprio nel capoluogo veneto, un altro a Padova e un terzo a Pescara.

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