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Parità di genere negli Uae - la corrispondenza da Dubai

1 mag 2018
Elisabetta NorziParità di genere negli Uae - la corrispondenza da Dubai
Parità di genere negli Uae - la corrispondenza da Dubai - La corrispondenza settimanale di Elisabetta Norzi
L'annuncio è arrivato direttamente dallo sceicco di Dubai: la parità di stipendi tra uomini e donne sarà garantita da una legge. Quello della parità di genere è un tema sul quale il governo ha cominciato a lavorare in questi ultimi anni: è del 2015 l’istituzione del Gender Balance Council, organismo con il compito di rafforzare il ruolo delle donne nella società, mentre lo scorso anno è entrata in vigore una nuova legge che, almeno per le donne emiratine, prolunga il congedo di maternità da 45 giorni a 3 mesi.

Nell'ultimo rapporto del World Economic Forum sul Global Gender Gap, gli Emirati sono al 120esimo posto, su 144 nazioni, secondi tra gli Stati arabi dopo la Tunisia. Con l'obiettivo, secondo quanto dichiarato ancora dallo Sceicco, di entrare nei primi 25 Paesi entro il 2021.

Aldilà degli annunci da record, anche se le donne emiratine hanno un'altissima scolarizzazione (sono il 70% dei laureati) e iniziano ad occupare ruoli rilevanti nella società (9 i ministri) il cammino, confermano i report delle associazioni internazionali per i diritti umani, è tutto in salita. Solo per citare gli esempi più eclatanti, la Costituzione emiratina non parla in nessuno dei suoi articoli del principio di uguaglianza tra i sessi e tutta la legislazione, codice penale incluso, si fonda ancora sui principi della Sharia.

Al quadro normativo, si aggiunge poi il variegato tessuto sociale di Dubai, dove l'80% della popolazione è straniera e dove si mescolano donne provenienti da tutti i paesi musulmani. Non solo, qui sono proibite le associazioni indipendenti e nella società i rapporti tra uomini e donne rimangono fortemente stereotipati.

Eppure, come per tanti altri aspetti, Dubai è un punto di osservazione privilegiato in questa zona del mondo, anche sul tema dell'emancipazione femminile. Abituarsi a vedere donne coperte dalla testa ai piedi accanto a chi indossa la minigonna – ricordiamo che nel paese non c'è l’obbligo di coprirsi – non è semplice. Ma di sicuro aiuta ad abbandonare i pregiudizi e a capire che dietro i veli neri, le donne stanno conquistando i loro spazi nella società. Fatima Mernissi, tra le apripista del movimento femminista islamico, invitava a sbarazzarsi dei luoghi comuni sulle donne musulmane e a ribaltare il punto di vista: “Grazie Allah - scriveva - di avermi salvata dalla schiavitù della taglia 42”.

Da Dubai, la corrispondente
Elisabetta Norzi

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