Rimini: sviluppi sulla morte di Bice Manoni

L’avevano chiamata la “casa degli orrori”. E’ la villetta fatiscente di via della Rondine a Rimini, dove il 2 ottobre scorso la Polizia aveva trovato il corpo ormai mummificato di Bice Manoni. La donna, 80 anni, era stata vegliata per mesi dai 2 figli, 53 anni lui – indagato per omicidio volontario - 49 la sorella, seguiti da anni dagli assistenti del servizio neuropsichiatrico. Sarebbe resuscitata, hanno spiegato agli investigatori, bastava solo aspettare. Il figlio ne era certo perché aveva parlato direttamente con Dio.
Quando l’autopsia aveva rivelato costole fratturate su quel che restava del corpo della donna, gli inquirenti avevano imboccato la pista dell’omicidio. I figli però avevano giurato che la madre era caduta, fissando la data della morte al 12 settembre. Adesso la perizia redatta dall’esperto del pubblico ministero sembra confermare la loro versione.
Si è infatti riscontrata l’esistenza di alcune fratture costali compatibili con una caduta precedente, ma è stata esclusa la frattura dell’osso ioide, eliminando il sospetto iniziale che le avessero spezzato il collo. La morte della donna, continua il perito, risale ad almeno 2-3 mesi dal rinvenimento.
Riguardo ai mezzi che hanno prodotto il decesso, la presenza di fratture costali non può ancora escludere un fattore casuale, anche se accertarne le conseguenze ora è impossibile. Secondo il perito, è comunque altamente probabile che si sia trattato di una morte avvenuta a seguito di un trauma, magari non grave, che ha però scatenato una sequenza mortale.

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