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San Marino: Monsignor Turazzi celebra la Veglia di preghiera per e con i politici

22 giu 2014
San Marino: Monsignor Turazzi celebra la veglia di preghiera per e con i politiciSan Marino: Monsignor Turazzi celebra la Veglia di preghiera per e con i politici
San Marino: Monsignor Turazzi celebra la Veglia di preghiera per e con i politici - Un catino d'acqua ed un asciugamano davanti all'altare a simbolo del servizio alla comunità.
Un catino d'acqua ed un asciugamano davanti all'altare a simbolo del servizio alla comunità. Pregare e riscoprire il bene collettivo in una delle case della Diocesi: insieme Monsignor Turazzi e il parroco don Roberto. Una predica, quella del vescovo, rivolta a chi amministra la cosa pubblica.
C'erano infatti numerosi politici ieri nella chiesa di Murata per la veglia di preghiera. In prima fila la squadra di governo di San Marino e il presidente della provincia di Rimini Stefano Vitali. La scelta della data non è stata casuale: sabato 21 giugno, vigilia di San Tommaso Moro, statista inglese nominato protettore dei politici nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II.
"Chi riceve una delega ha una responsabilità in più" ha detto Monsignor Turazzi ribadendo come si sia persa la strada del bene e della legalità dopo gli ultimi episodi di cronaca.
Il vescovo ha incentrato la sua omelìa sulla relazione di servizio che deve legare la politica e i cittadini e messo in guardia dal pericolo della corruzione e della neutralità definita da Monsignor Turazzi comunque, "complicità".
"Il gesto stesso di pregare non solo per, ma anche con i politici, ha un grande significato - ha detto Don Roberto - Sentirsi isolati e soli è sempre un rischio, la separazione tra la politica e la gente deve essere superata".

Valentina Antonioli

Omelia di S.E. Mons. Andrea Turazzi nella Veglia di Preghiera per e con i politici
Su Giovanni 13, 1-15
1) Gesù firma il suo testamento.
Quella sera Gesù ha vissuto un’esperienza di forte intensità, era consapevole che la “sua ora” era giunta e che sarebbe stato sottratto all’affetto degli amici, “i suoi” che sono nel mondo ma non del mondo. E tuttavia prega che non siano tolti dal mondo inteso come spazio e tempo, nel quale sono chiamati a vivere: Gesù non ha orrore del mondo inteso in questo senso. A Nicodemo aveva detto che non era venuto per condannare il mondo, il mondo che Dio ha amato tanto! (cfr Gv 3, 16-17)
Mettiamoci nei panni di Gesù. Quale sarebbe la nostra reazione in un momento così? Se sapessimo di andare alla morte da lì a qualche ora che cosa diremmo? Che cosa faremmo? Ciò che Gesù sta per fare e per dire riveste dunque una importanza particolare. Gesù si prepara a riassumere e sintetizzare l’essenziale della sua vita e della sua missione e vuole che ben si stampi nel cuore dei discepoli. In un certo senso Gesù scrive il suo testamento, le sue ultime volontà, e, poiché è la Parola fatta carne, lo fa con un gesto concreto. Ed è proprio questo che stasera vogliamo ricordare e fare nostro. Notare: il Vangelo dice che è giunta la sua ora, l’ora della glorificazione, nella quale il Padre mette tutto nelle sue mani. E Gesù cosa fa? Si mette a servire. Ecco il potere di Gesù: il potere di servire.
2) Gesù ci da l’esempio.
Gesù è inginocchiato davanti ai discepoli e lava i loro piedi. Un gesto forte di servizio, il servizio dello schiavo, l’ultimo della casa. E’ un esempio da imitare: “fate anche voi come ho fatto io”. Queste sono ormai le sue ultime parole, le ultime prima della sua partenza. Parole che ci coinvolgono. Non siamo forse tra quelli che chiamano Gesù Maestro e Signore? Coerenza vuole che “ci laviamo i piedi l’un l’altro”. Ovvio: non si tratta di riprodurre il gesto alla lettera...
Siamo capaci di lavare i piedi, ossia di metterci sinceramente in una relazione di servizio con chi ci passa accanto con i suoi problemi concreti? Con la sua povertà? La sua fragilità?
3) Gesù chiama al servizio.
Ci sono servizi sociali, associazioni politiche e umanitarie, forme attrezzate di volontariato… stanno anche a ricordarci che i cristiani non sono per forza migliori degli altri… hanno da imparare! Ciò che Gesù chiede è di fare nostro il suo modo di essere, un “essere totalmente donato”; chiede di servire, servire l’uomo, tutto l’uomo e di farlo nel suo nome: “come ho fatto io”.
A noi, dunque, rispondere alla chiamata e inventare piccoli e grandi gesti significativi ed efficaci -per quanto sta in noi- che consolino, diano speranza, aiutino, mettano in relazione, facciano circolare talenti, valorizzino risorse, diano voce a chi non ha voce, promuovano la dignità di tutti e il bene comune.
Gesti che permettano all’amore di Gesù di incarnarsi anche oggi per l’uomo d’oggi. E’ la politica.
4) C’è il mistero di Giuda.
Giuda tradisce la fiducia posta in lui; passa sopra ad ogni remora e ad ogni scrupolo, mercanteggia… com’è possibile? La tentazione è sempre in agguato. Accade che si metta a tacere la coscienza, che allo spirito di servizio subentri l’avidità e all’ideale la corruzione. La corruzione politica esiste, almeno come accusa. Non ci si può esonerare dalla denuncia del male soprattutto quando danneggia gli altri, quando ferisce la verità, quando opprime l’innocente e con arroganza calpesta i diritti altrui. La neutralità è complicità.
Ma soffermiamoci e gustiamo i verbi (ben sette) che descrivono minuziosamente l’atteggiamento di Gesù servo: si alza da tavola, depone le vesti, prende un asciugatoio, se lo cinge, versa acqua, comincia a lavare, asciuga. Il servizio comporta dedizione fino alla dimenticanza di sé (in vista del bene non per sé). Nel servizio c’è sempre un aspetto di gratuità, si guarda al raggiungimento della causa giusta più che al proprio tornaconto. E poi ci si fa da parte, quando necessario, a missione compiuta, (servi inutiles sumus). Chi riceve una delega ha una responsabilità in più. Col sacrificio bisogna mettere in conto la possibile ingratitudine.
“Avendo amato i suoi, li amò sino alla fine”.
L’amore chiama amore.

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