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Simoncelli. Un mare di gente e una montagna d'amore per salutarlo

27 ott 2011
Simoncelli. Un mare di gente e una montagna d'amore per salutarlo
Simoncelli. Un mare di gente e una montagna d'amore per salutarlo
“Diobò ragazzi, quanti siete!” Avrebbe detto così Marco Simoncelli, vedendo il mare di gente e la montagna d’amore che ha invaso la sua famiglia, Coriano, Italia. Così inizia il saluto dei genitori di Sic ai tifosi sulla sua pagina di Facebook. “Diobò” è l’intercalare, tutto romagnolo, di una terra che da sempre litiga con Dio e che da sempre lo invoca chiamandolo buono. Una terra che conosce il divertimento e il sacrificio, dove si impara a condividere tutto: vittorie e sconfitte. Così era Marco. Ed era questa normalità a renderlo speciale. Chi si è messo in fila sotto la pioggia per entrare nella camera ardente, si è alzato all’alba nella speranza di avvicinarsi quanto più possibile al corteo funebre, ha travolto di messaggi la rete, non era appassionato di motociclismo, ma di verità. Basta ascoltare per comprendere. Genuino, solare, disponibile, raccontano. Uno che non se la tirava. Una persona in cui ci si può specchiare, ancora oggi, nei suoi genitori. Paolo e Rossella hanno voluto condividere tutto perché, spiegano, così avrebbe voluto Marco. E poi basta leggere la biografia che Paolo Beltramo scrisse nel 2009. Tutto era cominciato un giorno, dopo una gita a Offida, il paese d’origine dei nonni materni di Marco. Al ritorno si erano fermati alla pista di Cattolica. Marco scrive: “Io ero già gasatissimo con le moto, mi piacevano da matti, facevo finta che la bici avesse il motore. Non è stato il babbo a forzarmi, lui mi ha semplicemente portato. Il babbo e la mamma hanno due caratteri che definirei opposti. Paolo è un tipo focoso, uno che si scalda in fretta, che ogni tanto rimane accelerato. Diciamo che ha il minimo un po’ alto. Rossella, invece, è più pacata, riflessiva. Insomma, anche se pensano la stessa cosa hanno spesso due modi opposti di dirla. Credo che così si bilancino perfettamente: uno accelera, l’altra tira il freno, quindi alla fine vanno alla giusta velocità.” Per Marco era sempre altissima. Lui non aveva paura. La moto era la sua passione: Diobò!

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