C’è un vento che attraversa le città italiane da nord a sud, e porta con sé colori, voci, carrozzine, sorrisi, cartelli, musica e diritti. È il vento del Disability Pride, l’orgoglio della disabilità, un movimento nato per ribaltare l’immagine pietistica e passiva con cui troppo spesso la società racconta le persone con disabilità. È una marcia, ma anche un abbraccio collettivo. È una festa, ma al tempo stesso una dichiarazione politica. È il modo in cui tante persone scelgono di dire al mondo che non c’è nulla da nascondere o da compatire, ma molto da ascoltare, comprendere e cambiare. In Italia, il Disability Pride è diventato negli ultimi anni un appuntamento diffuso, una rete di eventi che uniscono attivismo, cultura, diritti e partecipazione. Lo si è visto a Roma, Palermo, Firenze, Bologna, Bari, Torino, Genova e in tante altre città che hanno scelto di accendere una luce sulla dignità e sull’autodeterminazione delle persone con disabilità. Un’occasione per denunciare ciò che ancora manca, i ritardi nei servizi, le barriere architettoniche, la carenza di assistenti personali, l’inclusione lavorativa che resta spesso sulla carta, ma anche per rivendicare con forza il diritto alla Vita Indipendente, quella che ciascuno può e deve costruire in base ai propri desideri, alle proprie scelte, al proprio modo di stare al mondo. Il movimento del Disability Pride si fonda su un principio semplice ma rivoluzionario: non chiedere compassione, ma riconoscimento. È l’idea che la disabilità non sia un difetto da correggere, ma una condizione umana da rispettare e da includere pienamente. Che la società deve cambiare prospettiva, abbandonare il modello medico o assistenziale e abbracciare quello dei diritti umani, come sancisce la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Per questo, ogni parata, ogni manifestazione, ogni incontro è molto più di un evento: è una tappa di un cammino collettivo verso la piena cittadinanza. Quest’anno il Disability Pride Italia ha percorso la penisola da giugno a ottobre, portando ovunque un messaggio di partecipazione e solidarietà. Dopo Roma, che ha visto sfilare migliaia di persone il 20 settembre, e dopo le tappe di Palermo, Firenze, Bologna, Bari e Taranto, l’ultimo appuntamento di questa stagione sarà a Orvieto, il 25 ottobre prossimo. Sarà una giornata di riflessione e di festa, ma anche di confronto politico e culturale, per rilanciare una visione di futuro in cui la diversità non sia più un ostacolo ma un valore. E chissà, forse un giorno anche la Repubblica di San Marino potrà vivere il suo Disability Pride. Noi lo auspichiamo un grande evento condiviso, costruito insieme a tutte le realtà che si occupano di disabilità, alle istituzioni, ai volontari, alle famiglie, agli operatori e naturalmente alle persone con disabilità stesse. Un momento di unità, partecipazione e orgoglio, capace di far emergere la voce collettiva di chi ogni giorno lavora per un Paese più accessibile, più giusto, più umano. Sarebbe un modo per dire, anche da questa piccola Repubblica, che i diritti non hanno confini e che la cultura dell’inclusione può e deve attraversare ogni territorio. Intanto, il nostro pensiero vola oltreoceano. A New York, il prossimo 19 ottobre, si terrà infatti quello che è considerato il Disability Pride per eccellenza (https://sites.google.com/view/2025-nycdisabilityprideparade): la grande parata che sfilerà da Madison Square Park a Union Square, con migliaia di partecipanti. Il tema scelto per il 2025 è “Love Unites: We’re All In This Together”, l’amore unisce: siamo tutti parte della stessa umanità. Dopo la parata, la città ospiterà un grande “Block Party” con musica, arte, interventi e momenti di incontro. Un evento globale, pienamente accessibile, dove la disabilità non è più un limite ma una bandiera, non è più invisibilità ma presenza, non più silenzio ma voce. Forse è proprio questo il senso profondo del Disability Pride: far sì che quella voce, una volta alzata, non venga più messa a tacere. Far capire che la disabilità non appartiene a una minoranza, ma racconta un modo possibile, e autentico, di essere parte del mondo. E ricordare, ogni volta che si scende in piazza o si sogna di farlo, che l’uguaglianza non si misura nei proclami, ma nel diritto di ognuno di dire, senza paura: io ci sono, io valgo, io sono fiero di essere come sono. E se qualcuno, associazione o singolo cittadino, volesse iniziare a immaginare con noi un futuro Disability Pride anche a San Marino, le porte sono aperte. Perché ogni cambiamento comincia sempre da un sogno condiviso e da chi ha il coraggio di crederci insieme.
C.s. Attiva-Mente