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Chiarimenti: al comunicato dell’Ordine dei Dott. Commercialisti e degli Esperti Contabili

15 feb 2023
Chiarimenti: al comunicato dell’Ordine dei Dott. Commercialisti e degli Esperti Contabili

Seguendo il principio del “politically correct”, ritengo doveroso rispondere pubblicamente al comunicato dell’Ordine dei commercialisti, in quanto di un tenore non usuale per un organismo che si è sempre contraddistinto per essersi delimitato in analisi prettamente tecniche, mai affrontando argomenti politici. Questa volta, invece, mancano totalmente gli argomenti di contestazione e si fa riferimento genericamente a “1.000 aziende che rischiano la chiusura” e a “dubbi interpretativi”. Cerchiamo, a questo punto, di delimitare le generiche “accuse” ricevute, temi già ampiamente discussi nell’ultimo degli incontri, tenutosi in data 19 gennaio u.s, al quale la Presidente dell’Ordine purtroppo non era presente. Le tematiche sollevate non trattavano “dubbi interpretativi”, ma posizioni di non condivisione di determinate scelte che, durante la riunione, sono state ulteriormente chiarite e illustrate, anche con la presentazione di dati a supporto, nonché sono state condivise alcune possibilità di correzione rientranti nei limiti delle deleghe previste, ovvero il coordinamento della normative con le altre in vigore. E’ opportuno altresì chiarire che, qualora ci fossero eventuali dubbi interpretativi da parte degli Uffici preposti, è compito del Dirigente darne interpretazione applicativa e, se ritenuto necessario, chiedere conferma dell’interpretazione al legislatore. A tal riguardo, non ci risultano particolari questioni segnalate dagli uffici competenti. I punti sollevati dall’ordine sono state principalmente due: la normativa relativa agli Amministratori e le norme sulle Società senza dipendenti e, in totale franchezza, non si comprendono i motivi di tale atteggiamento che non valorizza gli evidenti miglioramenti che la norma ha portato, se analizzata in un contesto generale e non particolare.

L’acredine dimostrata, infatti, non ha presupposti né dal punto di vista giuslavoristico né tantomeno economico. Dal punto di vista del diritto del lavoro, infatti, visto che è stata sollevata anche l’accusa di “non conoscere i più elementari rudimenti in materia di diritto del lavoro” è opportuno chiarire che la vera stortura va ravvisata nelle norme precedenti che obbligavano l'assunzione al 5° livello senza nessuna base giuridica europea a supporto. Infatti, l'ordine dovrebbe ben sapere che, ad esempio, nella vicina Italia " l’assenza di una relazione intersoggettiva, suscettibile – almeno astrattamente – di una distinzione tra la posizione del lavoratore in qualità di organo direttivo della società e quella del lavoratore come soggetto esecutore delle prestazioni lavorative personali (che, di fatto, dipendono dallo stesso organo direttivo), ha portato i giudici a sancire un principio di non compatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società e la carica di amministratore unico della medesima. La configurabilità del rapporto di lavoro subordinato è, inoltre, da escludere con riferimento all’unico socio (circolare INPS 17/09/2019)”. La scelta della Segreteria di Stato per il Lavoro e della maggioranza è stata quella di non prendere una decisione così rigida come quella italiana, ma nel ritenere il lavoro dell'amministratore più vicino ad un lavoro di tipo autonomo o dirigenziale piuttosto che subordinato/dipendente, è stata lasciata libertà di scelta tra le due opzioni. Anche dal punto di vista economico le preoccupazioni possono ritenersi infondate, infatti da ora si potrà liberamente optare tra regolarizzare l’amministratore con contratto di collaborazione, con un relativo risparmio contributivo rispetto all’assunzione al quinto livello o l’assunzione al settimo livello che, se è vero che aumenterà i costi contributivi, dall’altra ha effetti benefici sull’abbattimento dell’utile e la maturazione pensionistica. Le scelte quindi sono state prese per dare coerenza giuridica ed equilibrio al sistema, senza creare effetti negativi agli operatori economici, lasciando libertà di optare fra due soluzioni, ognuna delle quali con diversi costi e benefici. Per quanto riguarda le Società senza dipendenti, altro tema caldo sollevato dall’ordine, si ritengono immotivate le “barricate”. Bisognerebbe valorizzare il fatto che, con soli 3.500 euro annuali in più rispetto a prima, queste potranno ora operare in piena legalità, senza più rischiare importanti sanzioni a seguito di controlli. Tali costi, tra l’altro, non sono tasse, ma contributi che potranno essere recuperati una volta in pensione. Pertanto, gli allarmismi espressi pubblicamente, saranno tutti da verificare. Pertanto, le critiche espresse, non sembrano basate su dati concreti, ma sembrano spinte evidentemente da altre questioni.  Nella liceità di non condividere determinate scelte, invito l’Ordine ad evitare alcuni termini in quanto offensivi verso chi ha prodotto una norma, risultato di mesi di studio e confronti, parole che superano i limiti del rispetto reciproco e della dialettica, specialmente se espresse da un organo che, storicamente, si è sempre concentrato su analisi tecniche, evitando opinioni che sembrerebbero avere un sentimento più politico. Restiamo, come sempre, a disposizione al confronto, specialmente se basato su dati e situazioni oggettive e non difese di interessi di parte, partendo da quello calendarizzato per il prossimo venerdì.

cs Segreteria al Lavoro





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