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Civico 10 sulla “legge salva-banche”

7 ago 2016
Civico 10 sulla “legge salva-banche”
La cosiddetta “legge salva-banche” - Decreto Legge n.72/2013 - prevede che gli Istituti che ne "salvano" altri ottengono benefici fiscali, sotto forma di credito d'imposta, pari all'ammontare della differenza fra gli attivi e i passivi acquisiti assieme alla banca in crisi. L'ammontare negativo dovrebbe essere rettificato ogni anno.
Il DL 72/2013, infatti, all’art. 1, cita testualmente “Il predetto ammontare viene rettificato annualmente in aumento o in diminuzione durante il periodo temporale di cui al successivo articolo 3”, nonché al comma 5 “Ai fini della determinazione della perdita si tiene conto di ogni utilità che dovesse derivare alle banche cessionarie nell’ambito delle operazioni di realizzo ovvero a seguito delle azioni di responsabilità o risarcitorie.”
L’ammontare totale del credito d’imposta concesso ad oggi agli Istituti Bancari è di 89 milioni di euro, tutte mancate entrate per lo Stato.
Il credito di imposta viene spalmato in più anni: rispetto al totale richiesto dalla Banca - che può appunto variare in base alle azioni di recupero - la legge prevede che per i primi sei anni, dal momento in cui la banca cessionaria lo richiede, ne venga versato il 15% all’anno. Dal sesto anno in poi il 5%.
Ora serve un piccolo esempio pratico, per capirci meglio in mezzo a questa selva di percentuali: Banca Agricola ha chiesto un totale di 10 milioni di credito d'imposta, quindi dal 2011 e fino al 2017, prenderà 1milione e mezzo all'anno di credito di imposta per un totale di 9 milioni di € in sei anni. Dal 2017 verranno versati invece 500.000€ all’anno fino al completo utilizzo del credito che gli spetta.
Il problema sovviene laddove, come risulta dal Decreto Legge, il totale di 10 milioni di € dovesse aumentare di anno in anno a seconda dall'attività di recupero crediti che viene fatta. Questo potrebbe comportare delle distorsioni. E’ evidente, infatti, che trasformare degli attivi - crediti che la banca vanta nei confronti di soggetti privati o aziende - in passivi, per la banca comporterebbe in questo caso la certezza del rientro dei capitali sotto forma, appunto di credito di imposta. Un aspetto che, in momenti di crisi come questo potrebbe facilmente fare gola agli Istituti bancari, spingendoli a far risultare NPL crediti di altra natura.
E i controlli chi li fa? Oggi partiamo da una condizione in cui lo Stato del credito viene stabilito dalla sola banca, con un fenomeno di azzardo morale incredibile, perché se il credito diventa NPL scatta appunto il “paga Pantalone”.
Occorre quindi avere maggiori garanzie di controllo sui crediti divenuti non più recuperabili dopo le acquisizioni degli istituti liquidati.
Crediamo sia opportuno nominare, tramite bando di concorso, tre commissari che rappresentino lo Stato, uno per ogni fondo di investimento - fondi che si occupano delle operazioni fra banche fuse - che si dovranno occupare della verifica sul recupero dei crediti, in particolare dell’attività di analisi e controllo sulle modalità di gestione e valutazione degli stessi.
Commissari che vengano retribuiti anche in base ai risultati raggiunti e che comunichino in maniera costante, ogni tre mesi, con la Commissione Finanze per aggiornamenti in merito al lavoro svolto.
Solo così sarà possibile arrivare ad un quadro reale della situazione ed evitare distorsioni costosissime per le casse dello Stato.

Civico10

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