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Condivisione o tradimento?

28 apr 2016
Condivisione o tradimento?
È appena terminato il dibattito chiesto dal governo sulla questione Torre d’Avorio: l’operazione che ha messo sotto osservazione migliaia di residenti e cittadini sammarinesi adombrando reati come riciclaggio ed evasione fiscale. Saltando a piè pari il rapporto tra Stati, la guardia di finanza italiana ha eseguito l’ invio massivo di raccomandate imponendo agli interessati di dimostrare di non meritare ulteriori approfondimenti.
Il nostro governo inizialmente non è stato nemmeno considerato come interlocutore. Tuttavia il 26 aprile, un giorno prima del dibattito in aula, viene emesso il comunicato relativo all’incontro tecnico tenuto a Roma tra Italia e San Marino, in cui si sarebbe esaminata la situazione e si sarebbero trovate “soluzioni condivise”.
A nostro avviso se il governo fosse sicuro di aver ottenuto dei risultati inequivocabili nella scelta fatta verso la trasparenza con la stipula di accordi e convenzioni internazionali, allora avrebbe dovuto difendere in modo altrettanto inequivocabile quei risultati, pretendendo dall’Italia il ripristino di un rapporto di fiducia e rispetto.
Dopo il dibattito in aula alcune cose andrebbero chiarite, considerato anche i gravissimi fatti emersi.
Innanzitutto non sappiamo in che termini si sia affrontato l’argomento nell’incontro tra tecnici sammarinesi ed italiani e soprattutto quali impegni siano stati presi da parte del governo per raggiungere questa condivisione.
D’altronde la “soluzione condivisa” giunge a fatto avvenuto: l’incontro tecnico è solo la conseguenza di un’ azione estesa della guardia di finanza italiana a cui evidentemente il nostro governo non ha saputo opporre azioni mirate che dimostrassero una capacità attiva di controllo sui reati di riciclaggio ed evasione, ma anche di casi di estero vestizione e residenze fittizie.
La situazione è ben lontana dall’essere risolta: i controlli proseguiranno a pieno ritmo.
L’unica differenza (non da poco, dal momento che almeno si ristabilisce il ruolo tra Stati) è che sarà San Marino a fornire i dati che l’Italia chiede attraverso una collaborazione amministrativa.
Sempre più evidente ci pare il filo diretto tra l’ operazione Torre d’Avorio e la Voluntary Disclosure, che prevedeva che chi avesse portato dei soldi potenzialmente sporchi a San Marino li potesse far rientrare dichiarandone l’origine. Il termine ultimo per l’adesione corrispondeva al 31 dicembre 2015.
La prima notizia dell’indagine Torre d’Avorio avveniva infatti in pieno periodo disclosure: ci pare un messaggio evidente dell’importanza di spingere verso l’emersione di questi capitali, ed evitare che gli stessi potessero essere in qualche modo reinvestiti in Repubblica.
Ora il ministro italiano dell’economia Padoan paventa una seconda fase di Voluntary Disclosure affermando che “con questa macchina ci sono ancora molti chilometri da fare”. Da queste dichiarazioni si intuisce che l’Italia sappia bene se siano stati o meno rimpatriati tutti i capitali. Come fanno ad avere questi dati?
Dal dibattito in aula, su nostra sollecitazione, è emerso che nel 2009, quando San Marino era ancora in pieno regime di segretezza (o almeno cosi credevano tutti), l’allora governo con Antonella Mularoni come Segretario agli Esteri e Gabriele Gatti alle Finanze, aderirono ad una richiesta di verifica delle transazioni da e per San Marino. Allora San Marino subiva la minaccia del blocco dei pagamenti che avrebbe mandato in tilt le banche. L’allora governo, formato in gran parte dagli stessi che oggi fanno orecchie da mercante, acconsentì alla creazione di un server per tracciare le informazioni in entrata e uscita.
Certamente consideriamo la trasparenza un elemento fondamentale, ma un conto è creare un sistema collettivo che fa della trasparenza il proprio cardine per evitare di prestare il fianco a tentativi di rappresaglia dall’esterno, ben altro conto è la concessione di informazioni in un regime che la collettività crede essere di riservatezza!
L’unica parola che ci viene in mente è “tradimento”.

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