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CSdL: Decreto ristori, un provvedimento non equo

Poiché molte famiglie hanno subito un calo del reddito di almeno il 30%, a causa del ricorso alla CIG o peggio per licenziamento, per equità va messo in campo un ulteriore provvedimento a loro sostegno

10 mar 2021
CSdL: Decreto ristori, un provvedimento non equo

Dopo diverse traversie ha visto la luce il cosiddetto Decreto ristori. A tal proposito, oggi la CSdL ha inviato una lettera al Congresso di Stato esprimendo le proprie valutazioni e con la richiesta di un incontro.
Nella lettera, la Confederazione del Lavoro ricorda come sul tema il sindacato non sia stato coinvolto, seppure si tratti di risorse pubbliche. "Fummo i primi - ha scritto la CSdL - a chiedere la costituzione di un Fondo straordinario, a marzo 2020, per far fronte all’emergenza economica che avrebbe purtroppo accompagnato quella sanitaria. Tale Fondo avrebbe dovuto finanziare sia le persone che le imprese in maggiore difficoltà. Ciò è rimasto sulla carta in attesa che arrivassero i finanziamenti esteri, nonostante vi sarebbe stata la possibilità di reperire risorse interne.
Riteniamo pertanto di avere titolo per esprimere la nostra opinione, che è negativa, non tanto sulla quantità delle somme stanziate, da 15 a 18 milioni, pari a oltre il 10% del PIL, quanto in merito alle modalità.
Si è scelto di dare un po' a tutti, in misura inversamente proporzionale al calo del fatturato, piuttosto che concentrarsi su chi avesse maggiori necessità. Riteniamo ingiusto non distinguere tra un’impresa che si è indebitata per fare investimenti o perché è partita poco prima dell’emergenza sanitaria e un’altra che non ha avuto questa necessità o volontà e ha invece accumulato risorse, magari dichiarando in precedenza redditi risibili, se non addirittura perdite.
Lo riteniamo ulteriormente ingiusto se negli anni antecedenti l’epidemia un’impresa ha dichiarato redditi congrui e pagato le tasse, mentre un’altra non lo ha fatto e riceverà più di quanto abbia contribuito alle casse dello Stato. È ancora più ingiusto il fatto che le persone, per beneficiare del reddito minimo familiare, devono dichiarare tutti i beni di cui sono in possesso e se detengono più di 6.000 euro in banca si devono arrangiare, mentre lo stesso principio non viene previsto per accedere ai ristori.
Il Decreto n. 6/2021 faceva ben sperare, quando è stato previsto, con il consenso di tutti i sindacati e associazioni di categoria, che per accedere alle dilazioni sulle utenze, l’impresa dovesse dichiarare di non avere disponibilità liquide oltre una certa soglia e di non avere distribuito utili oltre un’altra soglia. Questo elemento di trasparenza, invece di essere ampliato, è stato confermato solo per accedere alla parte relativa alla erogazione diretta dei contributi.
Evidentemente, ha preso il sopravvento la volontà di accontentare anche coloro che non ne avevano bisogno, perpetuando il modo di fare politica che ha portato il Paese nelle condizioni in cui si trova oggi.
Queste argomentazioni sono supportate dagli ultimi dati disponibili, forniti dalla Segreteria di Stato per le Finanze e riferiti al 2018, relativi a quanto pagano le diverse categorie di contribuenti in base al reddito dichiarato.
Lavoratori dipendenti: 40,8 milioni, media 1.771 euro
Pensionati:11,4 milioni, media 1.163 euro
Imprese individuali: 2,8 milioni, media 3.024
Lavoratori autonomi: 3,5 milioni, media 5.087
Società: 30,7 milioni, media 9.326
Con riferimento a queste ultime, il 47% dichiara redditi negativi, il 28% da 0 a 30.000 e solo il 25% oltre tale soglia. Nel 2017 (ultimo dato reso noto con riferimento ai singoli settori), le attività manifatturiere contribuivano per il 40% sul totale delle entrate, ma questo settore beneficerà del Decreto ristori meno degli altri, visto che ha subìto in misura minore gli effetti della pandemia.
Ciò significa che lo Stato restituirà alle altre categorie ciò che in un anno “normale” incassa dalle tasse. La situazione lo giustifica, ma non altrettanto il fatto che, statisticamente, i beneficiari saranno più concentrati tra coloro che abitualmente ne pagano poche o per nulla.
Non sappiamo se sia stata fatta una stima di quante imprese potranno beneficiare di questo provvedimento. Di certo, tenendo conto altresì che i costi fissi e gli investimenti fatti cambiano da caso a caso, prendendo a riferimento unicamente il calo del fatturato, ci sarà chi riceverà una miseria e chi fin troppo, ovvero uno schiaffo a chi è davvero in difficoltà ed un regalo a chi non lo è.
Considerato che ci sono diverse famiglie che hanno avuto un calo del reddito di almeno il 30%, a causa del ricorso alla CIG o, ancor peggio, della perdita del posto di lavoro, per equità va ora messo in campo un ulteriore provvedimento a loro sostegno, rivedendo sostanzialmente criteri ed importi del reddito minimo familiare come avevamo già chiesto a suo tempo.
Anche se per le imprese non si è voluto usare questo criterio, per coerenza riteniamo che il sostegno alle famiglie debba essere tarato in base ai patrimoni mobiliari ed immobiliari posseduti. A questo proposito cogliamo l’occasione per ringraziare le Associazioni di volontariato, che stanno svolgendo un ruolo encomiabile di supporto, non solo materiale, per le sempre più frequenti famiglie in difficoltà, mentre lo Stato per volontà politica sceglie di non selezionare con il massimo rigore possibile a chi destinare le poche risorse disponibili."
La CSdL attende quindi la convocazione dell'incontro richiesto.



Comunicato stampa
CSdL


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