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Csdl: "Discriminata nel lavoro perché donna e mamma!"

12 mar 2017
Csdl: "Discriminata nel lavoro perché donna e mamma!"
Una donna in cerca di lavoro racconta la sua amara storia: rifiutata da un'azienda perché ha un figlio. In altri casi, le viene contestata la mancanza di esperienza nel settore, motivazione questa senza fondamento. Nella sua testimonianza, esprime il senso di abbandono per l'assenza di prospettive e per il muro di pregiudizi

È passato da qualche giorno l'8 marzo, una giornata che ogni anno ci richiama all'impegno per la parità dei diritti delle donne e che riporta l'attenzione generale sulle tante forme di discriminazione e di mancanza di opportunità che subiscono le lavoratrici. Ciò, per effetto sia di una cultura arretrata che di una crisi di sistema dove l'accesso al lavoro, per tutti e in particolare per le donne, è sempre più difficile. Abbiamo raccolto la storia di una lavoratrice sammarinese, di cui omettiamo il nome, da molti mesi senza lavoro dopo aver collezionato rifiuti da parte di diverse aziende; una storia che rappresenta una testimonianza emblematica della difficoltà dell'essere una donna in cerca di lavoro in questa nostra società.

"Uno dei tentativi più recenti - racconta la lavoratrice - è stato presso una azienda nel campo medico sanitario. L'azienda dopo aver svolto colloqui con almeno una cinquantina di aspiranti, ha ristretto il campo a soli due-tre candidati, tra cui la sottoscritta. Quando è stato il momento di scegliere la figura che cercavano, mi è stato detto esplicitamente e senza mezzi termini che veniva preferita un'altra persona, perché la sottoscritta ha un figlio, e quindi si presuppone - secondo loro - che non possa offrire tutta la disponibilità al lavoro che loro richiedevano. Ciò è del tutto infondato, perché da parte mia ho assicurato piena disponibilità ad andare incontro alle loro esigenze lavorative, anche di orario, naturalmente trovando un punto di equilibrio con il mio impegno di mamma. Da parte mia ho maturato una buona esperienza nello stesso settore professionale, che mi avrebbe permesso di svolgere al meglio questa mansione e di soddisfare pienamente tutte le necessità dell'azienda."

Si è trattato, in questo caso, di una discriminazione sessista e per il fatto di essere mamma, che questa lavoratrice ha vissuto sulla propria pelle, e che temiamo sia tutt'altro che un caso isolato...

"Non è andata meglio quando ho cercato lavoro nel settore dei tour operator - prosegue la lavoratrice - che peraltro è il settore nel quale ho acquisto i miei titoli di studio. In questo caso, il rifiuto all'assunzione viene motivato dalla mancanza di esperienza specifica in questo campo. Anche questa è una motivazione pretestuosa, perché oltre ad aver studiato per lavorare nel settore turistico, ho tante conoscenze e capacità, ad esempio nelle campo delle lingue straniere e dell'informatica, che mi permettono nel giro di pochissimo tempo e con un minimo di addestramento all'interno dell'azienda, necessario per qualunque lavoratore, di acquisire tutti gli elementi per operare efficacemente in questo settore. Anche questo è un paradosso: se non hai esperienza non ti assumono, ma come si fa allora a maturare esperienza?"

Se da un lato c'è la negazione delle aziende, dall'altro c'è una carenza nelle politiche attive per favorire la ricerca di un lavoro. "A mio avviso vanno previsti incentivi e sgravi ancor più significativi per le aziende che assumono donne, o che sono disponibili a concedere il part-time per quelle lavoratrici che devono conciliare il lavoro con gli impegni familiari. E comunque non deve essere consentito alle imprese di discriminare le persone perché sono donne e madri."

La lavoratrice mette poi l'accento sullo stato di profondo disagio che vivono le persone che restano per lunghi periodi senza lavoro. "Passando tempo a casa si va incontro ad un impoverimento delle proprie capacità lavorative, si perde l'opportunità di rimanere aggiornati sui tanti cambiamenti che attraversa il mondo del lavoro, per cui è sempre più difficile reinserirsi in una realtà professionale, semmai un giorno trovare un'occupazione accettabile smetterà di essere un vero e proprio miraggio..." "Piuttosto che stare senza fare niente - prosegue la lavoratrice - preferiremmo di gran lungo fare formazione, per sviluppare e aggiornare le capacità professionali di cui disponiamo e per acquisirne di nuove, che ci permettono di essere sempre spendibili nel mondo del lavoro. Lo Stato non può abbandonare i disoccupati a loro stessi, in balia di un mercato del lavoro ancora in preda ad una crisi senza fine e ad una cultura che nonostante i tanti progressi fatti, finisce ancora per discriminare le donne."

La formazione, peraltro, è uno dei cavalli di battaglia della CSdL, convinta che debba essere un percorso permanente che accompagna le lavoratrici e i lavoratori e per tutto l'arco della loro vita professionale. In generale, di fronte a storie come questa, che testimonia nel concreto quanto sia ancora lontana la prospettiva di un lavoro dignitoso per tutti, richiamiamo le istituzioni, gli uffici preposti, ad un maggior impegno in primo luogo per affermare la parità dei diritti tra donne e uomini, e al contempo nella definizione di politiche attive per favorire la piena occupazione, richiamando anche le imprese al loro ruolo di responsabilità sociale.

Comunicato Stampa CSdL

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