Debito della Repubblica: verso il mercato interno o quello estero?

Debito della Repubblica: verso il mercato interno o quello estero?.

Ho letto con vivo interesse un articolo sul Prestito Cargill dello scorso 20 settembre, che riprende la posizione espressa sulla materia dal Segretario della CSdL Enzo Merlini. Ritengo che tale vada meditata con attenzione. Simpatizzo fortemente con il richiamo alla disciplina fiscale che Merlini esprime e ritengo, anzi, che vi siano altre riforme, oltre a quelle da egli citate, che la Repubblica dovrebbe intraprendere, non soltanto per stabilizzare il bilancio dello Stato, ma per renderne più efficace l’uso come strumento per rilanciare l’economia. Non mi trovo d’accordo, tuttavia, con quanto Merlini sostiene a proposito del finanziamento del debito della Repubblica con ricorso al mercato interno piuttosto che a quello internazionale. Procedo per punti: Primo. Intanto, non condivido l’idea che ricorrere al mercato interno avrebbe protetto (e proteggerebbe) lo Stato da tassi d’interesse crescenti. Se i tassi nel mondo crescono è perché le scelte di policy delle banche centrali e le condizioni di domanda e offerta sui mercati internazionali dei capitali scontano rischi e livelli d’inflazione che sono aumentati da quando i tassi erano prossimi allo zero. Perché mai i risparmiatori e investitori sammarinesi dovrebbero prestare i propri danari allo Stato a un tasso inferiore e che non rifletta rischi e prezzi più elevati? Finirebbero con l’indirizzare i propri danari verso attività alternative che rendono di più, cosicché lo Stato non riuscirebbe a finanziarsi, a meno che, appunto, non adeguasse il prezzo del suo debito allineandolo alle nuove mutate condizioni. Secondo. Come per il prezzo di qualunque bene o servizio, anche il prezzo di strumenti finanziari come i titoli del debito pubblico è bene si formi su mercati ampi e concorrenziali come i mercati internazionali dei capitali, dove i prezzi risentono delle valutazioni di operatori specializzati – quali quello che lo stesso Merlini prende a riferimento riportando il giudizio di Ficth per sottolineare le criticità economico-finanziarie della Repubblica. Senza quelle valutazioni, quale sarebbe il prezzo di equilibrio del debito della Repubblica di San Marino? In un mercato chiuso, quel prezzo sarebbe determinato o da uno Stato troppo forte (penalizzando i risparmiatori) o da un gruppo ristretto di operatori influenti (penalizzando lo Stato). Terzo. Sarei ancora meno d’accordo con Merlini se la sua idea di mercato interno implicasse la scelta di chiudere il mercato dei capitali sammarinese e consentire allo Stato di raccogliere forzosamente il risparmio locale a un costo inferiore a quello di mercato. Si tratterebbe di una forma di espropriazione antitetica alle libertà di un paese democratico, qual è San Marino, che penalizzerebbe il risparmio interno, indebolirebbe l’economia, e riporterebbe il Paese indietro e fuori dalla comunità internazionale. Oltretutto, l'utilizzo del risparmio interno per finanziare il bilancio, in luogo del debito estero, limiterebbe la capacità del sistema bancario locale di concedere prestiti alle famiglie e alle imprese sammarinesi. L’obiettivo che invece deve perseguire un paese che – come San Marino – opera nel campo aperto dell’economia internazionale è una politica economica volta a mantenere basso e stabile il livello del debito pubblico. Non vi è dubbio – e lo abbiamo sperimentato sovente nel mondo nell’ultimo quindicennio – che vi siano situazioni nelle quali è più che opportuno che lo Stato intervenga con spesa finanziata in deficit, tanto per sostenere l’economia nazionale in fasi di sofferenza, quanto per permettere investimenti pubblici di cui l’economia necessita. Tuttavia, mentre dal primo tipo di indebitamento lo Stato deve rientrare al più presto e non appena possibile, l’indebitamento per finanziare investimenti pubblici deve auto-ripagarsi negli anni o direttamente attraverso il gettito prodotto dalle opere realizzate, o attraverso la fiscalità generale che gli investimenti stessi dovranno aver contribuito ad accrescere. Il riferimento è al debito cosiddetto "buono” di cui il premier Draghi ha parlato in passato. La Repubblica deve puntare a presentarsi ai mercati con un programma che mostri che al debito facciano riscontro seri impegni di riforma: digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, modernizzazione della macchina statale, rilancio del sistema bancario- finanziario, apertura (non chiusura) ai capitali esteri, riduzione di livelli di welfare ormai non più sostenibili. Queste sono le priorità. Non sono poche e non sono una passeggiata. Ma soltanto impegni seri, su programmi concreti, convinceranno i mercati che la Repubblica è un luogo sano dove investire in sicurezza.

Cs - Biagio Bossone (Associazione Bancaria Sammarinese)

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