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Fattiva collaborazione per il bene comune

21 mar 2020
Mons. Andrea Turazzi
Mons. Andrea Turazzi

 È Quaresima inoltrata. Per i cristiani è il tempo del loro esodo: un cammino reale che li sottopone, come tutti, ad una prova che purifica la loro fede e la loro azione. C’è chi immagina un Dio che dovrebbe fare esattamente quello che ci si aspetterebbe da lui, ossia sconfiggere il male in un baleno, ma è una figura costruita sui propri bisogni. La realtà ci sta mettendo davanti al Dio vero, quello della Rivelazione biblica: un Dio che ascolta il grido di Israele e fa udire la sua voce a Mosè; spinge il popolo a mettersi in cammino, mentre lui cammina con loro, e apre il mare al suo passaggio. Ma in fondo questo Dio non piace, perché costringe chi vuole conoscerlo davvero ad andare nel deserto dove non c’è il cibo dell’Egitto, l’acqua scarseggia e i serpenti sono una minaccia reale. Affrontando la prova il popolo diventerà adulto. Dunque, non una fede in un Dio “tappabuchi”, né una fede miracolistica, ma una fede come abbandono fiducioso e coraggio intraprendente fino al dono di sé. Riprenderemo, poi, le attività e il servizio pastorale come discepoli più maturi. Da oggi si aggiungono restrizioni ulteriori sui luoghi di culto. Decisione presa dalla Repubblica di San Marino con Decreto-legge n.52 del 20/3/2020, art.1 n.1.r. Motivazione: ragioni di prevenzione e di contenimento del contagio. Una decisione così radicale sta suscitando reazioni comprensibili: la rivendicazione del libero esercizio del culto e la possibilità della “chiesa aperta” come segno di speranza (anche se, di fatto, non si dovrebbe andare in chiesa per le limitazioni di movimento già stabilite). Reazioni degne di rispetto. Occorre, però, riflettere senza spinte emotive e riconoscere che la situazione che le autorità son chiamate a governare è di una complessità mai vista, della quale possiamo cogliere solo alcune evidenze. Non spetta alla Chiesa, ma allo Stato legiferare in ordine alla salute pubblica. È questo e soltanto questo il piano sul quale si devono assumere decisioni circa l’accesso ai luoghi di culto, senza richiamare principi che sanno tanto di ideologico. Prudenza e cautela sono per i cattolici, anzitutto, ossequio alla loro coscienza. In tempo di emergenza come quello presente la comunità cristiana sa trovare vie nuove per adorare Dio «in spirito e verità» e per esprimere fraternità solidale, come già sta cercando di fare. Un’ultima considerazione: questo digiuno dei sacerdoti senza il popolo e del popolo senza l’Eucarestia è motivo di sofferenza. La richiesta dell’Eucaristia da parte dei fedeli esprime un desiderio frutto di una vita spirituale intensa. Intanto però occorre ricordare a tutti che il Signore è realmente presente con il suo spirito tra coloro che sono riuniti nel suo nome: «Dove due o più sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro». È presente nella Parola e continua realmente a nutrire chi la legge e la medita: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio». Il Signore vivo si fa prossimo nel povero: «Avevo fame, mi hai dato da mangiare…». Il Signore è nel desiderio stesso dei sacramenti: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me». Inoltre, ha la sua dimora in chi osserva i suoi comandamenti: «Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore». Scienza, politica, economia e Chiesa sono chiamate a misurarsi, ciascuno per la sua parte, con il dramma presente nel rispetto dei propri ambiti e nella ricerca del vero bene di ogni persona. E ciò non può essere senza una fattiva collaborazione.


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