
La scadenza del 30 giugno 2025 - che avrebbe dato seguito alla stabilizzazione automatica degli insegnanti dopo tre anni di precariato - è arrivata senza che la maggioranza avesse ancora definito una posizione chiara e condivisa. Anche perché, nel frattempo, sono cambiati gli impegni presi con l’accordo del 2022: l’allegato 2, che introduceva concorsi e fase di prova, è stato infatti stralciato per volontà degli stessi insegnanti. Per questo abbiamo sostenuto la scelta del Governo di sospendere il meccanismo automatico e di prendersi tempo fino alla fine dell’anno. Non per rinviare, ma per fare scelte responsabili. Come PSD riteniamo che questa sospensione debba essere l’occasione per costruire un provvedimento che vada oltre il semplice accordo sindacale, che non si limiti a gestire l’esistente ma che abbia il respiro di una riforma. Un provvedimento che metta al centro il valore della scuola, non solo i suoi problemi. Perché la scuola non è un ufficio pubblico: è il luogo dove una comunità si riconosce, dove si formano le nuove generazioni, dove si prepara il futuro. La condizione del precariato scolastico va affrontata con coraggio. È inaccettabile che si debbano attendere anni prima di poter accedere alla stabilità lavorativa. Ma non possiamo ridurre tutto a una contabilità di servizio, ad automatismi e sanatorie. In questo senso, la risposta politica all’attuale empasse non può limitarsi a dire "sì" o "no" ai concorsi. Lo sappiamo: molti insegnanti hanno dubbi fondati sui concorsi, e il PSD è pronto ad ascoltarli. Ma se non si definisce prima che tipo di scuola vogliamo, nessuna modalità di selezione potrà essere davvero giusta. Non può contare solo l’anzianità. Servono criteri che sappiano riconoscere l’attitudine all’insegnamento, la qualità della relazione educativa, il ruolo sociale e culturale che oggi è richiesto a chi lavora nelle aule. E c’è un’altra verità che va detta, per quanto scomoda: la denatalità è già realtà. Gli studenti calano, le classi si svuotano, e le cattedre diventano sempre più contese. Già adesso ci sono insegnanti in sovrannumero: anche ipotizzando una riduzione del rapporto fra insegnanti e alunni, la tendenza non si invertirà a breve. Questo è un passaggio che va governato con responsabilità: si devono tenere insieme diritti, sostenibilità economica e qualità dell’insegnamento. Come PSD, non ci sottraiamo alla complessità. Abbiamo una lunga tradizione di impegno nella scuola, e portiamo con orgoglio l’eredità di chi ha sempre creduto che l’istruzione fosse il pilastro della Repubblica. Siamo pronti a fare la nostra parte - soprattutto insieme al Segretario di Stato Teodoro Lonfernini e al Segretario di Stato Andrea Belluzzi - per fare di questo momento una scelta politica coraggiosa e aprire un nuovo orizzonte. Per affrontare il precariato con serietà e superare la logica della stabilizzazione come strumento politico. Ma anche per cominciare a costruire un’idea più attuale e condivisa di scuola, che riconosca nell’insegnante non solo un trasmettitore di saperi, ma una figura centrale nel cambiamento culturale. Una scuola che chieda competenza, certo, ma anche ascolto, equilibrio umano, capacità di relazione. Una scuola che sostenga gli insegnanti nel loro compito educativo, non lasciandoli soli, ma coinvolgendoli in un progetto comune. E dove anche la figura del dirigente scolastico non sia ridotta a quella di un gestore schiacciato da burocrazia e incentivi, ma di una guida educativa, capace di promuovere partecipazione e senso di comunità. Non servono equilibri di comodo. Serve decidere, e farlo bene. Per la scuola, per chi ci lavora, per chi la vive ogni giorno.
c.s. PSD