
Storie di fantasmi, demoni e superstizioni, leggende orali tramandate all’artista dai “Lanna” (il popolo thailandese), temi sviluppati ed elaborati in sinergia a principi legati ai precetti della religione Buddhista: è questa la base emotiva e narrativa delle opere di Phra Nattawat Aupanan. La concezione d’Inferno della religione Buddhista è legata a due concetti fondamentali: quello della non permanenza, non sono eterne le condanne ma soggette a un lasso di tempo variabile, e al principio karmico, il modo in cui tu ti sei comportato in vita è la misura del contrappasso, la pena inflitta nel post mortem.
Non si sperimenta l'inferno a causa di una punizione divina ma per la maturazione del proprio karma negativo, vero e proprio principio di causa ed effetto delle proprie azioni, lo stato infernale non ha una durata eterna: dopo un lungo periodo di tempo di permanenza, il karma che causa la rinascita infernale termina e il flusso di coscienza rinasce in uno dei tre regni superiori o in quello animale. Cosa ispira questo lavoro artistico? Ha la valenza di uno strumento pedagogico per avvertire i devoti dei pericoli che corrono se non seguiranno alla lettera i precetti buddisti, si tratta di una provocazione artistica, è proiezione dello stato emotivo dell’artista? Il diavolo come personificazione del male da combattere ogni giorno, un male fisico o mentale? L'arte è in grado ampliare la gamma delle esperienze della nostra quotidianità aprendo delle porte , promuovendo riflessioni e suggestioni diverse.
A ciascuno arriva una diversa suggestione. Questa è la sua funzione e valore aggiunto. L’artista si fa interprete del concetto di “Mara“ il demonio nemico del Buddha che rende debole e permeabile l’uomo dinnanzi alle nocive tentazioni. Nelle tele di Phra Nattawat fantasmi, bestie e demoni simboleggiano la parte dolente dell’umanità peccatrice, l’azione del male e di contrappasso la punizione concreta. Il demone da combattere ogni giorno.
“Esiste anche un posto pacifico e sereno, basta essersi comportati bene”.