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“Lettera dal Convegno” di S.E. Mons. Andrea Turazzi - Primo giorno

10 nov 2015
“Lettera dal Convegno” di S.E. Mons. Andrea Turazzi - Primo giorno
“Lettera dal Convegno” di S.E. Mons. Andrea Turazzi - Primo giorno
I primi incontri accadono già all’autogrill poco prima di Firenze. Dopo qualche esitazione si finisce per riconoscersi: il convegno ecclesiale nazionale è fondamentalmente luogo di incontro. Sono presenti i delegati di tutte le diocesi italiane: 2500 persone, ma nulla di trionfalistico; prevale l’entusiasmo e la voglia di stare insieme.
La partenza avviene da quattro chiese diverse. Ci si incammina verso la Cattedrale, Santa Maria del Fiore. Dietro la croce, vescovi, preti e laici. Si avanza in silenzio, attraversando la città. C’è tanta gente lungo le strade, gente comune e turisti. E’ evidente la curiosità, ma anche la sorpresa e il rispetto. Mentre cammino ascolto le voci e i rumori della città. Guardo i volti delle persone, faccio qualche sorriso accompagnato da un timido saluto con la mano. La Chiesa è viva, vicina; penso alle tante comunità, parrocchie piccole e grandi radicate nel territorio come le radici degli alberi che imbrigliano il pendio dei nostri monti.
Le ultime settimane sono state segnate da scandali che hanno turbato molti e sollevato l’indignazione di altri. Lo stesso papa Francesco non fa sconti: denuncia gli errori ma non è per nulla intimidito. Va avanti nella riforma della Chiesa e qui c’è tutto un popolo che è con lui. L’impressione è quella di una fierezza ritrovata.
Quando, da via Roma ci si trova d’un colpo in piazza San Giovanni, il sole ormai al tramonto illumina con colori di fuoco il Battistero, Santa Maria del Fiore e il Campanile di Giotto creando un effetto magico. Contemplo, rapito da tanta bellezza, la Cattedrale, casa di Dio e, ad un tempo, casa dell’uomo. Intanto si congiungono i cortei: passano attraverso il Battistero e fanno memoria di quel primo sacramento che di molti fa un popolo solo. C’è tempo per una prima riflessione sul tema del Convegno: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Siamo “convenuti” per riformulare un pensiero, una parola e un programma d’azione. Il pensiero ha bisogno di una grammatica che soccorra i “cedimenti strutturali” della nostra cultura e che recuperi punti di riferimento. Dalle prime battute – è Mons. Nosiglia che prende la parola per primo - si ribadiscono i “fondamentali” dell’umano: unicità irripetibile di ogni singolo uomo fatto di intelligenza, di volontà libera e di costitutiva relazione con l’altro, cioè di reciprocità e di capacità di amare. La sola forma di società adeguata alla dignità dell’umano è la comunione di persone, di cui, fin dall’origine, è modello la famiglia, fondata sulla relazione io-tu, fra uomo e donna (la famiglia scuola di umanità). Mi sento richiamato a quella “antropologia adeguata” di cui parla papa Francesco il quale afferma, senza mezzi termini, che la stessa crisi ecologica ha una radice umana, derivando dalla negazione del valore peculiare dell’uomo. Al pensiero seguono le parole: la Chiesa è per la città degli uomini, per questo non si sottrae dall’annunciare e dall’educare; torna ad essere una Chiesa in uscita che vuole abitare la città, non con una mentalità di occupazione, ma semplicemente perché ne è parte e amandola partecipa alla sua trasfigurazione. Sono i cinque verbi del Convegno: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare.
Il pensiero, le parole e, infine, l’azione… Non teorie astratte, ma vissuti ed esperienze concrete di nuovo umanesimo, quelle che stiamo vivendo e quelle che ci aspettano come altrettante sfide.
Domani un ospite attesissimo: papa Francesco.

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