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«Luminosa bellezza astratta»: l’impatto dell’artista rivisitato

19 mag 2017
«Luminosa bellezza astratta»: l’impatto dell’artista rivisitato
Mentre migliaia di appassionati d’arte da tutto il mondo affluiranno a Venezia nei prossimi mesi per la sua famosa Biennale, uno dei musei più importanti della città spera di riaffermare un pittore americano come una figura significativa nello sviluppo dell’arte moderna.

La collezione Peggy Guggenheim, situata sulla riva sud del Canal Grande di Venezia, onora Mark Tobey (1890-1976), che divenne membro della Fede baha’i nel 1918. Nato nel Wisconsin, Tobey è stato uno dei più cosmopoliti degli artisti del XX secolo. Viaggiatore incallito — alla fine si stabilì in Svizzera — Tobey fu sempre maggiormente conosciuto in Europa che in patria, perché la sua importanza fu oscurata dai suoi colleghi americani più giovani della scuola “espressionista astratta”, in particolare Jackson Pollock, le cui grandi tele di vernice sgocciolata e macchiata rivoluzionarono l’arte negli anni 1950.

Eppure, come questa esposizione dimostra, è tempo di rivalutare l’influenza di Tobey sullo sviluppo della cosiddetta “astrazione diffusa”. La curatrice Deborah Bricker Balkan ha impiegato dieci anni a raccogliere una settantina di opere, provenienti da quaranta diverse collezioni ed è affascinata dalla pittura di Tobey.

«Continuo a essere sostenuta dalla bellezza sorprendente di questo lavoro», ha detto la signora Bricker Balkan. «La “scrittura bianca” di Tobey è luminosa, metafisica ed elegiaca... Essa si basa sulla propria vita interiore in un modo che non vediamo in molti degli artisti con i quali egli è raggruppato".

Tobey, le cui opere mature di “scrittura bianca” sono costituite da ragnatele pulsanti di linee ispirate alla grafia orientale, rivelano esplicitamente l’influenza diretta della Fede baha’i sulla sua pittura. William Seitz, curatore del Museum of Modern Art di New York negli anni 1960, ha scritto che Tobey «ha fatto della linea il simbolo dell’illuminazione spirituale, della comunicazione e della migrazione umana, della forma e del processo naturale e del movimento tra i diversi livelli della coscienza».

«Egli ha spesso affermato», spiega Seitz, «che non ci può essere nessuna rottura tra la natura, l’arte, la scienza, la religione e la vita privata... Poche religioni hanno dato al concetto di unicità un rilievo così forte e pochi artisti moderni se ne sono occupati così esplicitamente come ha fatto Tobey».

Alte onorificenze

Verso la fine della sua vita, Tobey ha ricevuto alcuni dei più alti riconoscimenti che la scena artistica europea del suo tempo potesse elargire. Ha vinto la medaglia d’oro alla Biennale di Venezia nel 1958 — il primo pittore americano dal 1895. Nel 1961, si è tenuta una grande retrospettiva del suo lavoro al Museo del Louvre a Parigi, un evento senza precedenti per un artista vivente americano.

Ma mentre a Pollock e ai suoi contemporanei residenti a New York è stato dato un posto di rilievo nei libri di storia, l’influenza di Tobey e il suo contributo allo sviluppo radicale nella pittura astratta americana di metà secolo è stata sottovalutata.

È forse in parte a causa delle piccole dimensioni, della gamma, della spiritualità e della delicatezza delle opere di Tobey — nonché del suo particolare approccio personale, al di fuori di qualsiasi movimento o “scuola” — che egli è stato quasi completamente estromesso dalla storia dell’arte moderna. Ma la sua influenza su altri pittori è notoriamente stata molto significativa.

Con dipinti che vanno dal 1920 fino al 1970, la mostra Guggenheim analizza l’intera opera di Tobey e rivela la sua bellezza straordinariamente ricca di sfumature ma radicale. Inquieto sperimentatore, Tobey non si è mai accontentato di un solo approccio alla pittura, dicendo: «In un momento in cui la sperimentazione è presente in tutte le forme della vita, la ricerca diventa la sola valida espressione dello spirito».

Arte come culto

Nella Fede baha’i, l’arte è considerata una forma culto. «Più cercherai di perfezionarla, più ti avvicinerai a Dio», scrisse ‘Abdu’l-Baha alla ritrattista americana Juliet Thompson, che ha introdotto Mark Tobey alla Fede baha’i. «Vale a dire, quando le tue dita impugnano il pennello, è come se tu stessi pregando in un tempio».

Deborah Bricker Balkan crede che gli insegnamenti baha’i abbiano chiaramente influenzato l’opera di Tobey.

«Penso che essa sia uno degli elementi del suo tema», ha detto. «Le sue invenzioni e sperimentazioni pittoriche sono in realtà collegate con la sua profonda fede, elaborando sulla sua vita interiore o spirituale».

Essere baha’i ha dato al lavoro di Tobey un contesto e un contenuto spirituale, nonché la libertà di trovare il proprio linguaggio pittorico per esprimere quel contenuto. Principi come l’indagine indipendente della verità si riflettono nello sviluppo evolutivo dei suoi dipinti in mostra al Guggenheim e nei concetti esplicitamente spirituali che egli ha cercato di esprimere. La sua accettazione degli insegnamenti baha’i lo ha stimolato a vedere l’unità come il principio fondamentale che regola le interazioni umane e l’evoluzione sociale in una nuova era di progresso materiale e di risveglio spirituale. Egli ha descritto i suoi dipinti come una «sorta di contemplazione autosufficiente».

«Siamo circondati dallo scientifico, lo rispecchiamo istintivamente», ha detto Tobey, «ma abbiamo bisogno anche dell’aspetto religioso. Si potrebbe dire che l’aspetto scientifico interessa la mente, quello religioso libera il cuore".

Risposta “mozzafiato”

La sottigliezza e la spiritualità dei dipinti di Tobey sta già impressionando i primi ospiti che hanno visitato la mostra di Venezia.

«È stato molto interessante per me vedere le reazioni di varie figure che hanno visto la mostra negli ultimi giorni», ha detto la signora Bricker Balkan. «Tutte le persone sono prese dalla bellezza mozzafiato, sorprendente, luminosa e astratta di queste tele. Sono una sorpresa».

Quando la mostra si sposterà nella Addison Gallery of American Art in Andover, Massachusetts, nel corso dell’anno, sarà la prima retrospettiva di Tobey negli Stati Uniti in quarant’anni.

«La nozione della fusione della tradizione occidentale e di quella orientale è stata molto importante e forse negli Stati Uniti degli anni 1940 non era la cosa più popolare da fare», ha detto Judith Dolkart, direttrice della Addison Gallery, «ma il suo abbraccio di una sorta di universalismo e l’idea di poter attingere da più di una tradizione era assai radicale e importante».

“Immensa diversità”

Il direttore del Guggenheim Philip Rylands ritiene che il lavoro di Tobey sia una combinazione del suo orientamento spirituale e della sua particolare esperienza della vita del XX secolo.

«Davanti a una retrospettiva monografica come questa, se ne coglie il succo», ha detto il dottor Rylands. «I travagli dell’uomo, gli alti e i bassi, le sue influenze, le sue fasi di stallo, i suoi momenti prolifici, i cambiamenti del suo lavoro, le origini figurative della sua astrazione — tutto questo diventa chiaro e se ne ricava un senso di immensa diversità e di ricchezza creativa».

Con l’inserimento di due dipinti di Tobey nella mostra di gran successo sull’Espressionismo astratto lo scorso anno presso la Royal Academy of Arts di Londra e ora con questa ambiziosa mostra a Venezia, Deborah Bricker Balkan pensa che il retaggio di Tobey sia pronto a una rivalutazione.

«Spero di sì», ha detto. «In realtà la mia è più di una speranza o di un’aspirazione, io lo credo fermamente».

Il dottor Rylands concorda.

«Mi piacerebbe pensare che tutti gli artisti che figurano nei libri di storia e che hanno prodotto un’arte meravigliosa siano riscoperti, se non sono già famosi», ha detto. «Tobey lo merita».

Un mondo in crisi

Mentre riflettiamo sull’importanza del contributo di Tobey alle arti e, più in generale, al progresso del pensiero, i principi che lo hanno ispirato a suo tempo e che hanno trovato espressione nella sua opera sono, forse più che mai, pertinenti e necessari oggi.

«La radice di tutte le religioni, dal punto di vista baha’i, si basa sulla teoria che uomo arriverà gradualmente a comprendere l’unicità del mondo e l’unità del genere umano», scriveva Tobey nel 1934. «Ci insegna che tutti i profeti sono uno... che la scienza e la religione sono le due grandi potenze che devono essere bilanciate se l’uomo vuole conseguire la maturità. Penso che il mio lavoro sia stato influenzato da queste convinzioni. Ho cercato di decentrare e di compenetrare affinché tutte le parti di un dipinto abbiano un valore correlato... Miei sono l’Oriente, l’Occidente, la scienza, la religione, le città, lo spazio e la scrittura dell’immagine».

Mark Tobey: Luce filante è presso la Peggy Guggenheim Collection, Venezia, fino al 10 settembre 2017 e presso l’Addison Gallery of American Art, Phillips Academy, Andover, Massachusetts, dal 4 novembre 2017 all’11 marzo 2018.

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