Il primo appuntamento del Mese Dantesco 2016, giunto quest’anno alla decima edizione, si terrà mercoledì 20 aprile al Teatro Titano alle ore 21. Il professor Maurizio Gobbi, rinomato dantista sammarinese e travolgente divulgatore del poema dantesco, terrà una conferenza dal titolo: “Gli invidiosi tra Toscana e Romagna: considerazioni sul XIV canto del Purgatorio”.
In questo meraviglioso canto, dedicato al peccato – soprattutto civico –dell’invidia (siamo sulla seconda cornice del monte della penitenza), emerge potente la passionale figura del nobiluomo ravennate Guido del Duca, che scaglia due roventi invettive politiche: la prima colpisce le varie città toscane e, in particolare, con tono brutalmente profetico, i “brutti porci” casentinesi, i “botoli ringhiosi” aretini, i “lupi” fiorentini e le “volpi piene di froda” pisane; la seconda, un vero e proprio compianto sulla Romagna, rimpiange liricamente l’antica gloria e nobiltà della regione (“le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi / che ne ’nvogliava amore e cortesia)”, ora, invece, terra di “cuor […] malvagi”, violenza e corruzione.
Questo meraviglioso lamento poetico contro i “Romagnuoli tornati in bastardi” è un passaggio fondamentale nello sviluppo dantesco del tema politico, che, iniziato in Inferno VI, innerva tutte le tre cantiche costituendo una delle colonne portanti della sensibilità e del genio dell’Alighieri. Un’occasione, quindi, questa analisi sul canto “tosco-romagnolo”, per riscoprire, in un fitto tessuto di interessantissimi spunti di storia locale, il rapporto tra Dante e la Romagna, ma anche sperimentare l’incendiario afflato civile e politico del Sommo Poeta, profeta dalle sublimi ire, impavidamente critico e scomodo… insomma: tremendamente attuale.
In questo meraviglioso canto, dedicato al peccato – soprattutto civico –dell’invidia (siamo sulla seconda cornice del monte della penitenza), emerge potente la passionale figura del nobiluomo ravennate Guido del Duca, che scaglia due roventi invettive politiche: la prima colpisce le varie città toscane e, in particolare, con tono brutalmente profetico, i “brutti porci” casentinesi, i “botoli ringhiosi” aretini, i “lupi” fiorentini e le “volpi piene di froda” pisane; la seconda, un vero e proprio compianto sulla Romagna, rimpiange liricamente l’antica gloria e nobiltà della regione (“le donne e ’ cavalier, li affanni e li agi / che ne ’nvogliava amore e cortesia)”, ora, invece, terra di “cuor […] malvagi”, violenza e corruzione.
Questo meraviglioso lamento poetico contro i “Romagnuoli tornati in bastardi” è un passaggio fondamentale nello sviluppo dantesco del tema politico, che, iniziato in Inferno VI, innerva tutte le tre cantiche costituendo una delle colonne portanti della sensibilità e del genio dell’Alighieri. Un’occasione, quindi, questa analisi sul canto “tosco-romagnolo”, per riscoprire, in un fitto tessuto di interessantissimi spunti di storia locale, il rapporto tra Dante e la Romagna, ma anche sperimentare l’incendiario afflato civile e politico del Sommo Poeta, profeta dalle sublimi ire, impavidamente critico e scomodo… insomma: tremendamente attuale.
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