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Nietzsche o Giosuè: parole per la politica

17 ott 2019
don Gabriele Mangiarotti
don Gabriele Mangiarotti

A me sembra che due siano gli atteggiamenti che serpeggiano, in questi giorni, nella coscienza e nel dialogo di tanti tra di noi. Da un lato la permanenza della volontà di «rimanere in sella», come se il potere conquistato potesse finalmente fare i conti con una storia più che millenaria, che ci ha consegnato Valori e tradizioni ora in contrasto con una certa idea di modernità (e di diritti). E dall’altro lato colgo un sincero e fiero desiderio di dare corpo a quella che è stata una storia di cui siamo orgogliosi, una storia che ha avuto, nella certezza di un fondatore Santo, la consapevolezza di una missione originale, di cui persino gli osservatori laici sono stati appassionati estimatori. Basti qui ricordare quelle note della libertà perpetua di Carducciana memoria. Ci sembra che si possa aprire un’epoca dove scegliere chi vogliamo essere e come vogliamo vivere: da un lato risuona alle nostre orecchie il terribile monito di Nietzsche: «Il folle uomo balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto questo? … Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? … Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! … tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtù di questa azione, ad una storia più alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”» [La gaia scienza, aforisma 125. L’uomo folle]. Dall’altro lato, come ai tempi della liberazione dall’Egitto e della vita nella terra promessa, le parole di Giosuè: “Scegliete chi volete seguire, se gli idoli di questa terra ora il Signore che vi ha liberato!” In questi giorni, in cui la circostanza delle elezioni ci chiama a una nuova consapevolezza e responsabilità, credo che le parole del cardinal Caffarra possano aiutarci a un serio confronto. Quel confronto carico della speranza di costruire, Sia per noi che per i giovani, ed anche per il mondo intero che osserva quanto accade in questa piccola e antica terra della libertà per trarre motivo di autentica novità. «

1. La vicenda culturale dell’Occidente è giunta al suo capolinea: una grande promessa largamente non mantenuta. I fondamenti sui quali è stata costruita vacillano, perché il paradigma antropologico secondo cui ha voluto coniugare i grandi vissuti umani [per esempio l’organizzazione del lavoro, il sistema educativo, il matrimonio e la famiglia …] è fallito, e ci ha portato dove oggi ci troviamo. Non è più questione di restaurare un edificio gravemente leso. E’ un nuovo edificio ciò di cui abbiamo bisogno. Non sarà mai perdonato ai cristiani di continuare a essere culturalmente irrilevanti.

2. E’ necessario avere ben chiaro quali sono le linee architettoniche del nuovo edificio…:

٭ La vita di ogni persona umana, dal concepimento alla sua morte naturale, è un bene intangibile di cui nessuno può disporre. Nessuna persona può essere considerata un peso di cui potersi disfare, oppure un oggetto – ottenuto mediante procedimenti tecnici [procreazione artificiale] – il cui possesso è un’esigenza della propria felicità.

٭ La dicotomia Stato–Individuo è falsa perché astratta. Non esiste l’individuo, ma la persona che fin dalla nascita si trova dentro relazioni che la definiscono. Esiste pertanto una società civile che deve essere riconosciuta. Lo Stato è un bene umano fondamentale, purché rispetti i suoi confini: troppo Stato e niente Stato sono ugualmente e gravemente dannosi.

٭ Nessuna civiltà, nessuna comunità nazionale fiorisce se non viene riconosciuto al matrimonio e alla famiglia la loro incomparabile dignità, necessità e funzione. Incomparabile significa che nel loro genere non hanno uguali. Equipararle a realtà che sono naturalmente diverse, non significa allargare i diritti, ma istituzionalizzare il falso. “Non parlare come conviene non costituisce solo una mancanza verso ciò che si deve dire, ma anche mettere in pericolo l’essenza stessa dell’uomo” [Platone].

٭ Il sistema economico deve avere come priorità il lavoro: l’accesso al e il mantenimento del medesimo. Esso non può essere considerato una semplice variabile del sistema. Il mercato, bene umano fondamentale, deve configurarsi sempre più come cooperazione per il mutuo vantaggio e non semplicemente come competizione di individui privi di legami comunitari.

٭ Tutto quanto detto sopra è irrealizzabile senza libertà di educazione, che esige un vero pluralismo dell’offerta scolastica pubblica, statale e non statale, pluralismo che consenta alle famiglie una reale possibilità di scelta.

3. Non possiamo astenerci dal prendere posizione su tali questioni anche mediante lo strumento democratico fondamentale del voto. La scelta sia guidata dai criteri sopraindicati, che sintetizzo: rispetto assoluto di ogni vita umana; costruzione di un rapporto giusto fra Stato, società civile, persona; salvaguardia dell’incomparabilità del matrimonio – famiglia e loro promozione; priorità del lavoro in un mercato non di competizione, ma di mutuo vantaggio; affermazione di una vera libertà di educazione.» Spero che quanto qui affermato possa diventare occasione di un serio e approfondito confronto tra tutti coloro che non vogliono rinunciare a portare il proprio contributo al bene comune della nostra Repubblica.

Don Gabriele Mangiarotti


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