La vicenda di Banca CIS, su cui è inevitabilmente focalizzata l’attenzione di tutte le forze politiche e le parti sociali, è oltremodo cruciale poiché riguarda non solo il destino di una banca ma una grossa parte del futuro del Paese. Vengono infatti coinvolti sia i fondi pensione – per un investimento in Banca CIS di oltre 100 milioni di euro – sia lo Stato, chiamato a garantire gli stessi fondi pensione più il dissesto stimato in quasi 70 milioni. Al momento l’ipotesi più realistica sembra l’attivazione della procedura di risoluzione, introdotta con la Legge 102 del 14 giugno 2019 approvata all’unanimità dal Consiglio Grande e Generale: valutando tutte le opzioni per far sì che la soluzione definitiva rientri in un progetto complessivo volto a far ripartire l’intero sistema bancario; limitando il più possibile l’intervento economico dello Stato, che già si è molto esposto per questo settore; salvaguardando il patrimonio dei fondi pensione e di Fondiss. Si dovrà fare assoluta attenzione a contenere al minimo eventuali effetti negativi sul sistema economico e sociale di San Marino, perché vi è il rischio che lavoratori e imprese debbano pagare di tasca propria, sia oggi sia domani – come già accaduto e quindi prevedibile – con nuove tasse, contributi e tagli al welfare. Per ANIS questa soluzione è inaccettabile. Purtroppo ora mancano pochi giorni alla scadenza del blocco dei pagamenti in Banca CIS e qualsiasi scelta risentirà inevitabilmente – negativamente – dell’estrema urgenza in cui dovrà essere presa. Conseguenza anche del ritardo con cui la questione è stata affrontata, iniziando solo nelle ultime due settimane il confronto per la ricerca di strade percorribili, e non subito dopo il commissariamento sei mesi fa, centottanta giorni fa, quando avremmo avuto sicuramente più tempo e più possibilità per costruire la strategia migliore e più sostenibile. È chiara a tutti, in primis ad ANIS che l’ha sempre rimarcata, la necessità di una soluzione condivisa, con relativa assunzione di responsabilità da parte di ciascuno (come stanno facendo anche le altre tre banche private che si sono rese disponibili a garantire i correntisti e probabilmente una parte della forza lavoro di Banca CIS). Ma la condizione essenziale affinché tutti i soggetti coinvolti mettano a disposizione le proprie risorse, o quelle gestite per conto di imprese e lavoratori, rimane un piano di rientro serio e credibile. La sola, generica, garanzia dello Stato, che peraltro nel caso specifico ci sarebbe anche nell’ipotesi di liquidazione coatta amministrativa, non è sufficiente. È altrettanto fondamentale che da tale piano prenda l’avvio un progetto di ristrutturazione e rilancio dell’intero settore bancario. Nonché uno di sistemazione dei fondi pensione stessi il cui patrimonio – è bene ricordarlo, con o senza la parte oggi vincolata a Banca CIS – è destinato a esaurirsi in brevissimo tempo se non si riuscirà a invertire il trend di forte incremento del numero dei pensionati, non sostenuto dall’aumento della forza lavoro. Non possiamo permetterci di perdere altro tempo e mettere a rischio l’intero sistema economico e sociale, per molti anni a venire: il Paese ha bisogno di un piano strategico di sviluppo che ci guidi con decisione e lungimiranza.
Comunicato stampa
ANIS