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Pdcs: una cultura dell'accoglienza per una genitorialità responsabile

16 mar 2021
Pdcs: una cultura dell'accoglienza per una genitorialità responsabile

In vista della imminente discussione in Consiglio Grande e Generale di un' istanza d'Arengo per la depenalizzazione dell'aborto, il PDCS, riunita la propria Direzione per un approfondimento, intende esprimere con chiarezza la propria posizione come contributo alla riflessione su questo delicatissimo tema. “Chiediamo che anche San Marino incorpori nella propria legislazione il diritto umano alla salute riproduttiva e che cessi l’obbrobrio di norme che rendono l’interruzione volontaria della gravidanza reato penale”. Questo è in sintesi il contenuto dell’istanza d’Arengo sulla quale a breve dovrà pronunciarsi il Consiglio G. e G. e sullo stesso tema è già in prima lettura da tempo una legge di iniziativa popolare e, ultimamente, è stato depositato un quesito referendario. Crediamo che sia doveroso, dal momento che su questo tema saremo chiamati ad esprimerci ed eventualmente a legiferare, interrogarci su quale sia realmente il bene da perseguire a cui la legge dovrebbe corrispondere e rifuggire da soluzioni parziali e utilitaristiche. Vorremmo affrontare la problematica posta con realismo e con ragionevolezza, animati altresì da una sincera passione per la verità, perché riconosciamo che si tratta di una questione complessa e resa ancor più difficile da risolvere per la pressione di una cultura dominante che tende a ridurre la portata della problematica stessa. Prendiamo, innanzitutto, in esame quella che l’istanza identifica come la motivazione fondamentale per affermare il diritto della donna all’interruzione volontaria della gravidanza, cioè la salute riproduttiva. L’esperienza ci dice che la prima condizione per parlare di salute riproduttiva è riconoscere che l’atto della procreazione è il frutto di una relazione, di un rapporto fra due persone che rispetto al concepito diventano il padre e la madre. La qualità di questa relazione è il primo fattore di una salute riproduttiva, se così si può chiamare, e non può essere dunque ridotta solamente ad una responsabilità o ad una facoltà della madre. Non solo, in questo contesto rientrano anche tutti gli interventi di aiuto e di sostegno, morale e materiale, che la comunità civile è in grado di mettere in atto perché la responsabilità procreativa possa attuarsi nelle migliori condizioni, per entrambi i genitori e per la donna in particolare che nel periodo della gravidanza e nel post-partum può dover portare il peso maggiore, nonché per il nascituro. Un coinvolgimento questo della comunità ancor più significativo e urgente qualora il concepimento fosse avvenuto in un contesto lontano da quello ideale. Non ci convince e non ci sembra allora ragionevole stabilire che l’interruzione volontaria di una gravidanza possa essere un elemento in favore della salute riproduttiva della donna e ancor meno il fatto di lasciare a lei sola la responsabilità di questo atto; né di poter considerare questo come una prerogativa della libertà della donna di fare ciò che vuole del suo corpo perché, senza alcun dubbio, l’essere che porta in grembo è altro da lei. Siamo convinti, invece, della necessità di far crescere, attraverso una adeguata azione educativa nei confronti dei giovani, maschi e femmine insieme, una maggior consapevolezza riguardo al significato e alle condizioni per una procreazione responsabile. Anche sul piano del diritto qualcosa non torna. Fondamento dei diritti umani è l’inviolabilità dell’essere umano, qualunque sia la condizione nel suo percorso vitale. Perché allora sarebbe un obbrobrio considerare reato l’interruzione volontaria del percorso vitale del nascituro? Come si può sostenere che il diritto della madre a interrompere la gravidanza possa prevalere sul diritto del bambino a vivere? E se si ammette che il diritto dell’uno possa prevalere sul diritto alla vita dell’altro, dov’è più il fondamento del diritto stesso? Con queste ragioni, consapevoli che molti altri approfondimenti sarebbero necessari, come donne e uomini del Partito Democratico Cristiano Sammarinese, sostenuti dal desiderio di non nascondere alcun aspetto che la proposta di depenalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza contiene, mentre non riusciamo a valutare come sostenibile la richiesta dell’istanza, vogliamo continuare a stare vicini a tutti coloro che si battono per testimoniare e far crescere una cultura dell’accoglienza, capace di creare le condizioni perché mai nessuna nascita sia considerata un ostacolo al proprio benessere e alla propria realizzazione. Così facendo pensiamo di operare concretamente anche perché nessuna donna sia lasciata sola si fronte alle responsabilità e alle difficoltà che una gravidanza può comportare.
 L’ufficio stampa del PDCS


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