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Relazione di minoranza al progetto di legge “Diritto dell’informazione e dei media”

22 feb 2023
Relazione di minoranza al progetto di legge “Diritto dell’informazione e dei media”

Il progetto di legge “Diritto dell’informazione e dei media” presentato in prima lettura in Consiglio Grande e Generale dalla Segreteria di Stato al Lavoro, Programmazione Economica, Sport, Informazione e rapporti con l’AASS e ampiamente discusso in sede referente dalla Commissione Consiliare Permanente Affari Esteri, Emigrazione ed Immigrazione, Sicurezza e Ordine Pubblico e Informazione, concentra in un unico testo almeno tre differenti tematiche, gestite da altrettante fonti normative presenti nel nostro ordinamento. Non si tratta di un testo unico, infatti alcune delle vecchie norme, residuali perché non abrogate del testo di legge di riferimento (legge 211/2014 e miniriforma 71/2021), restano comunque in vigore, così come in vigore resta la legge 9 maggio 1989 n°41 istitutiva dell’ente di Radiodiffusione Sammarinese. Non si tratta neppure di un codice organico dell’informazione, in quanto affronta temi riguardanti materie estranee e spesso facenti parte della gestione tecnologica come le telecomunicazioni, le reti dati e internet, la regolamentazione delle piattaforme per la condivisione di video, la radio e la telediffusione. Infine il progetto, sebbene contenga norme di natura strettamente costituzionale, si risolve in una semplice legge ordinaria, che può essere approvata anche con la maggioranza semplice dei presenti. Il PdL non ha rango costituzionale, unico strumento capace di attuare diritti fondamentali già indicati dalla Dichiarazione dei Diritti dei cittadini e dei Principi fondamentali dell’ordinamento sammarinese. L’art 3 della stessa Dichiarazione, riformata nel 2002, esplicitamente afferma: “Le leggi costituzionali attuano i principi fondamentali sanciti nella presente dichiarazione. Sono approvate nel loro complesso con la maggioranza dei due terzi dei componenti il Consiglio Grande e Generale”. La parte prima, articoli 1-7, della legge che abbiamo esaminato in Commissione interviene invece nel campo riservato alle leggi costituzionali regolamentando diritti quali la libertà di pensiero e di espressione, la libertà della scienza e dell’arte e la libertà di insegnamento. L’art3 si spinge addirittura a fissare i campi all’interno dei quali è possibile porre restrizione alla libertà di pensiero e di espressione, estendendo pericolosamente tale ambito all’ ”Interesse Pubblico”, facile elemento strumentalizzabile dalla polemica politica. Interviene poi introducendo nuovi diritti quali quello all’oblio, quello della riservatezza delle comunicazioni personali delegando a leggi successive il compito di fissare i limiti alla: “presa di cognizione del contenuto delle conversazioni personali altrui e di sottrazione, distrazione, soppressione e divulgazione delle stesse conversazioni”. Dizione questa di difficile interpretazione in quanto fa riferimento ad una prassi del diritto penale “la presa di cognizione” che riguarda comunemente la possibilità di esaminare la corrispondenza postale fra privati e non certo le comunicazioni telefoniche che nello svolgimento spontaneo, hanno caratteristiche molto diverse rispetto al testo scritto. Ancora l’art. 6 determina il diritto di accesso alla conoscenza mixato con il diritto di ricevere e cercare liberamente informazioni. Il titolo uno della proposta di legge si conclude con la definizione dei principi relativi all’attività di informazione affermando anche il principio, che rappresenta la vera finalità della legge in discussione, per cui debba essere lo Stato a garantire la concorrenza dei mezzi di informazione e a promuovere il confronto e la discussione sui temi di pubblico interesse. Sebbene la quasi totalità dei principi e dei diritti istituiti siano in sintonia con la Dichiarazione dei Diritti del 1974, ciò non toglie che la stessa Dichiarazione affidi alle leggi costituzionali, e non a quelle ordinarie, il compito di attuare tali diritti. Ciò non può che generare ulteriore confusione all’interno del nostro ordinamento, già martoriato dall’uso sempre più indiscriminato dei Decreti Delegati che spesso senza indicare le finalità per cui si conferisce la delega, intervengono ormai su tantissime materie, modificando di frequente norme di rango superiore quali quelle contenute nelle leggi ordinarie, se non anche in quelle delle leggi qualificate. La parte seconda del progetto di legge, intitolata “I Media”, attinge a piene mani dall’attuale normativa in vigore (legge n°211 del 2014 e dalla miniriforma del 28/4/2021 n° 71), invertendo la disposizione degli articoli, suddividendone alcuni in più articoli o viceversa accorpandone di più vecchi in articoli unici. La tecnica legislativa risulta piuttosto compromessa dal nuovo testo ed in particolare non è facile capire cosa del vecchio impianto sia stato conservato e cosa invece riformato. L’esame sommario che è stato possibile effettuare in Commissione è stato reso molto complesso non solo dalla mancata corrispondenza col testo in vigore, ma anche dalla presentazione da parte del Governo di oltre 70 emendamenti. Fra questi l’aggiunta di un Capo quarto che avrebbe delegato al Governo stesso il potere di intervenire con Decreto per modificare successivamente ben 24 dei 75 articoli della legge (tale intervento è poi stato limitato in sede di Commissione) e definendo l’abrogazione di soli 31 dei 42 articoli vigenti e senza alcun riferimento alle sorti della legge 41/1989, allo Statuto di Rtv e all’atto convenzionale italo-sammarinese. Il Capo secondo e terzo del progetto di legge affrontano temi del tutto indipendenti dalle finalità espresse dal titolo della legge a cui dovrebbe uniformarsi. Riguardano infatti il funzionamento del servizio della radio televisione e degli audiovisivi, definendo i canoni del servizio pubblico, e delle reti e tecnologie digitali. A dimostrazione dell’incongruente inserimento del Capo secondo e terzo nel presente progetto gli articoli 39, 40, 41, 42 e 43 che indicano, come se si trattasse di un’altra legge, le finalità del Capo secondo, gli ambiti di applicazione, le definizioni della terminologia presente da ora in avanti, e i principi fondamentali cui conformarsi mutuati dalla legge 41/1989 che resta in vigore sebbene le norme contenute negli articoli indicati si sovrappongano, anche con significativi scostamenti, in particolare a quelle contenute nell’art. 13. Se dobbiamo esprimere quindi un giudizio complessivo sull’impianto del progetto di legge, non possiamo che segnalare il declassamento di norme che dovrebbero avere rango costituzionale, l’incoerenza di testi normativi che dovrebbero rappresentare il corpo di leggi separate ed infine l’articolazione complessa di norme di difficile lettura, che rendono altrettanto complesso il confronto con gli impianti originari, risultando quindi di difficile applicazione, sovrapponendosi ad argomenti già normati dall’atto convenzionale italo sammarinese in materia di radio-telediffusione e dallo statuto dell’emittente di Stato. Ciononostante il clima di collaborazione che si è instaurato in Commissione e la disponibilità manifestata dal Segretario di Stato nel cogliere taluni aspetti salienti della proposta di tutti i gruppi consiliari, hanno reso possibile un miglioramento del progetto e una sua applicazione capace di riconoscere e meglio valorizzare le qualità di chi svolge il servizio di informazione. Preso atto che la possibilità di esprimere opinioni in forma pubblica rappresenta un diritto che va tutelato e non può essere limitato da regole seppur coincidenti con quelle che invece regolano l’esercizio della professione giornalistica, i media e i giornalisti che scelgono di seguire i canoni della legge con l’iscrizione ai registri potranno non solo continuare ad accedere alle provvidenze che vengono migliorate anche rispetto alla riforma del 2021, ma godranno di un privilegio di scelta nel momento in cui lo Stato, gli enti pubblici e gli enti parastatali e a partecipazione statale programmeranno campagne pubblicitarie. Una menzione particolare va sottolineata rispetto alla possibilità dell’Autorità Garante per l’Informazione di estendere le proprie funzioni di regolazione anche al settore dei media che non rientrano nei registri delle imprese editoriali e i cui opinionisti non posseggono la Press Card. Tale estensione del compito, unito alle disposizioni già introdotte con legge 71/2021 con l’art. 6 che modificava l’articolo 36 della legge 211/2014, di fatto chiarisce che ogni testata, anche se non registrata, ha il dovere, pena una pesante ammenda, di comunicare i dati sui proprietari, su eventuali finanziatori con l’obbligo della trasmissione del bilancio aziendale all’Autorità Garante. Infine di rilievo sono anche le norme che rafforzano il diritto di replica e di tutela dell’immagine da parte di tutti i soggetti che vengono citati dagli organi di informazione senza che ne sia comprovato il loro definitivo coinvolgimento nelle azioni descritte. Per tali motivi, i Consiglieri di opposizione hanno deciso di non opporsi alla proposta scaturita dalla Commissione anche se augurano per il futuro l’applicazione di una migliore tecnica legislativa. Riconoscendo, al di là delle incongruenze, significativi passi avanti rispetto alle norme in vigore i Consiglieri di opposizione presenti in Commissione hanno sostenuto col voto positivo gli articoli più significativi e deciso di esprimere la loro parziale approvazione all’intero progetto di legge attraverso il voto di astensione.

Cs - Giuseppe Morganti (Libera)





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