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La Valmarecchia ha onorato oggi "Guglielmino" Gabrielli di Fragheto

7 ago 2017
Onorata a Casteldelci la memoria di Guglielmino Gabrielli
Onorata a Casteldelci la memoria di Guglielmino Gabrielli
Un'intensa, partecipata cerimonia ha ricordato domenica 6 agosto a Casteldelci, in
occasione della Giornata Nazionale del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo, Antonio Guglielmino Gabrielli di Fragheto, soldato, minatore, uomo generoso e preveggente che, costretto dall'indigenza ad abbandonare la sua terra, lottò fino all';ultimo per ritornare e migliorare le condizioni di vita del suo paese.
La manifestazione, con il patrocinio della Presidenza della Camera dei Deputati
e del Sindaco di Mons ed ex Primo Ministro del Belgio Elio Di Rupo, promossa
dall'Unione Minatori Valmarecchia, ha visto la partecipazione delle amministrazioni dei Comuni dell'Alta Valmarecchia, dell'Unione Nazionale Mutilati Invalidi del Lavoro, dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani, di Alliance Francaise Rimini e di numerose associazioni d'arma, e si è conclusa con l'inaugurazione di una targa commemorativa.
L'Unione Minatori Valmarecchia, l’associazione che studia la storia dei minatori
della Valle e ne mantiene viva la memoria, assieme all’amministrazione comunale di Casteldelci ha ritenuto doveroso ricordare Guglielmino Gabrielli che, nonostante le amarezze riservategli dalla vita, dopo aver combattuto nella Seconda Guerra Mondiale
e successivamente nella Guerra di Liberazione, nell'unità militare italiana che operava accanto alle truppe alleate, non ha mai perso la propria identità né la propria umanità e
ha operato con tutte le sue forze per contribuire a creare un mondo migliore fino all'8
agosto 1956, quando rimase vittima della tragedia di Marcinelle.
LA VITA TORMENTATA DI UN UOMO GENEROSO: GUGLIELMINO GABRIELLI
La vita di Guglielmino Gabrielli è simile a quella di tanti italiani del secolo scorso: ha
subito le conseguenze della Prima Guerra Mondiale, che a lui è costata la perdita del padre,
della miseria economica e morale che affliggeva tanta parte della popolazione delle
campagne, che ne determinerà l'abbandono da parte della madre, e quelle della Seconda Guerra Mondiale con gli orrori dei campi di battaglia e le fatiche della ricostruzione materiale e sociale del Paese.
Guglielmino Gabrielli non conobbe il padre che, partito per il fronte prima della sua
nascita, si suicidò bevendo del petrolio sopraffatto dalla disperazione quando si rese conto di essere l'unico superstite tra i suoi commilitoni durante una tragica azione di guerra.
Abbandonato dalla madre alla nascita, venne allevato dai parenti. Da ragazzo si adattò a fare diversi lavori e spesso era costretto a dormire all'aperto o in qualche fienile perché Fragheto, frazione di Casteldelci, era troppo distante per poter compiere il tragitto di andata e ritorno a piedi.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale venne inviato sul fronte greco albanese, poi nei Balcani. Dopo l’8 settembre del 1943 venne inserito nel 1° Raggruppamento Motorizzato del Corpo Italiano di Liberazione e dal 30 settembre del 1944 nel 250° Reparto Trasporti del Gruppo di Combattimento Legnano, composto anche da partigiani e volontari, la prima importante unità militare italiana a operare accanto alle truppe alleate della V Armata americana. Fu posto in congedo illimitato il 10 settembre del 1945.
Rientrato a Fragheto si innamorò follemente, ma poiché la donna oggetto delle sue
attenzioni lo respinse, dopo aver compiuto alcuni gesti estremi, entrò nel convento
francescano della Verna, da dove, non riuscendo a sopportare le severe regole, scappò diverse volte finché non fu definitivamente allontanato.
Iniziò a coltivare il proposito di installare a Fragheto una turbina che producesse
elettricità, un’impresa che sembrava irrealizzabile per un uomo senza risorse. Un giorno vide affissi sui muri del paese i manifesti della società carbonifera belga che invitava gli italiani ad approfittare delle vantaggiose condizioni di lavoro nelle miniere.
Il 21 novembre del 1952 Guglielmino Gabrielli arrivò in Belgio e il 24 novembre scese per la prima volta nella miniera di carbone del Bois du Cazier di Marcinelle. Possiamo immaginare cosa volle dire per lui, come per tanti italiani abituati al sole, all’aria fresca della montagna, all'acqua limpida dei torrenti, al paesaggio meraviglioso delle nostre valli, ritrovarsi nelle viscere della terra, nelle gallerie nere di carbone, polverose e insalubri, dove il rischio di morire era quotidiano (solo in quell’anno persero la vita 75 italiani).
Nei brevi periodi di ferie che si concedeva, con i pochi soldi a disposizione acquistava il materiale necessario all'installazione della turbina, lo trasportava faticosamente, a dorso di mulo, lungo sentieri e dirupi e lo sistemava in un casolare di Fragheto. Nel 1954, il progetto della turbina cominciò a prendere consistenza e non sembrò più soltanto un' illusione: ancora un anno o due di duro lavoro e il sogno di tornare a Fragheto e ultimare la costruzione della turbina si sarebbe avverato.
L’8 agosto 1956 alle 8.10 del mattino un incendio, le cui responsabilità non furono
mai compiutamente accertate, divorò le gallerie imprigionando a 1035 metri di profondità i minatori del turno del mattino. Moriranno in 262, di cui 136 italiani, soffocati dal fumo, travolti dai crolli o annegati. Con Guglielmino divideranno questo tragico destino Antonio Molari di Sant'Agata Feltria e Giovanni Bianconi di Novafeltria, ma saranno quattro le bare che rientreranno in Valmarecchia: il padre di Giovanni Bianconi, recatosi in Belgio per riconoscere la salma del figlio non reggerà al dolore.
Ad attendere la bara di Guglielmino non ci saranno parenti, solo qualche amico; la
salma percorrerà la parte finale del tragitto che porta al cimitero di Fragheto su un carro trainato da due buoi: le strade del tempo e la miseria non concedevano di più.
Anni dopo, venne effettuata la riesumazione dei resti di Guglielmino e, grazie alla
carità cristiana di alcuni cittadini e di Giuseppe Gabrielli gli venne risparmiata la deposizione nell’ossario e venne sepolto sul lato destro della cappella, dove ancora riposa.

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