Conto Mazzini: una cassiera "coraggiosa" oppose resistenza ad un prelievo da 200mila euro ordinato da Roberti

E' l'8 aprile del 2008. Alla cassiera della Banca Commerciale Linda Zafferani viene chiesto di effettuare un prelievo in contanti da 200mila euro, da un libretto al portatore intestato all'anagrafica Giuseppe Mazzini. A prelevare è l'allora presidente Giuseppe Roberti. La cassiera punta i piedi ma viene obbligata ad eseguire l'operazione. Lei la esegue, ma annotando – sulla distinta - che l'anagrafica Giuseppe Mazzini è fittizia e quindi si esime da qualunque responsabilità penale. Non solo, chiede anche che tale dichiarazione sia controfirmata da alcuni dirigenti tra cui il direttore di filiale Davide Giovagnoli e il vicedirettore generale Paolo Droghini. Entrambi sono stati ascoltati in aula. Droghini, rispondendo alle domande del Giudice Felici, ha dichiarato di aver notato l'anomalia ma di non aver effettuato verifiche particolari sulla vicenda perchè il prelievo veniva chiesto da Roberti, verso il quale provava una sorta di timore reverenziale. Davide Giovagnoli ha riferito di aver letto l'anomala annotazione della cassiera a fine giornata, ma solo come presa d'atto visto che era già stata controfirmata da altri responsabili più alti in grado. Anche lui ha dichiarato che provava timore nei confronti di Roberti anche perchè lo considerava una persona vendicativa. Droghini, Giovagnoli, ma anche gli altri due ex dipendenti Bcs sentiti oggi, Matteo Cesarini – che tra l'altro è il marito della cassiera definita dal Giudice “coraggiosa” - e Fortunato Bruschi, hanno dichiarato che fino al 2008, in epoca anteriore alla riforma sul riciclaggio, non hanno mai effettuato una segnalazione di operazione sospetta.

l.s.

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