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Direzione Antimafia: "Crimini ambientali in aumento"

La Dia dedica un lungo capitolo all'Emilia-Romagna e cita San Marino per l'indagine sul "re del vino"

di Francesca Biliotti
20 gen 2020
La Dia dedica un lungo capitolo all'Emilia-Romagna e cita San Marino per l'indagine sul "re del vino"
La Dia dedica un lungo capitolo all'Emilia-Romagna e cita San Marino per l'indagine sul "re del vino"

Aumentano i crimini ambientali. È l'ultima novità in fatto di mafie, si legge nella relazione semestrale della Dia presentata al Parlamento. Le criminalità organizzate puntano a mettere le mani anche sulla raccolta ufficiale dei rifiuti solidi urbani. L'impennata dei crimini, dicono gli investigatori della Dia, ha un motivo preciso, poiché il settore coinvolge “trasversalmente interessi diversificati”. Tradotto, ci guadagnano in molti, imprenditori, amministratori e politici senza scrupoli compresi. Un lungo capitolo, nella relazione, è dedicato all'Emilia-Romagna, territorio che continua ad attrarre le mire delle mafie, poiché da anni ormai la criminalità si esprime con un approccio marcatamente imprenditoriale, prediligendo l'infiltrazione sia del tessuto economico produttivo, sia delle amministrazioni locali, orientata alla corruttela e alla ricerca della connivenza. L'Emilia-Romagna non è, sotto il profilo della penetrazione criminale, né la Calabria né la Campania, si specifica, ma è certamente terra di investimenti per le organizzazioni mafiose. Quelle più attive, dice la Dia, sono la 'ndrangheta che si è imposta sul piano economico-finanziario, nascondendo le tracce di ingenti volumi di denaro; Cosa Nostra che ha iniziato a sviluppare proprie attività criminali sin dagli anni '90; e la camorra, con nomi tristemente noti anche a San Marino: i Casalesi, specializzati nel riciclaggio, il clan Zagaria, a sua volta colpito da indagini della Dia, la famiglia Vallefuoco. Tutti dediti alle infiltrazioni finanziarie nel mercato immobiliare e nelle gestioni d'impresa. L'ultima indagine che vede coinvolto il nome di San Marino, riportato nella relazione Dia, è quello del famigerato “re del vino”, già condannato anche dal tribunale del Titano, che proprio in Repubblica aveva depositato un patrimonio di quasi 50 milioni di euro.


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