
Tra i 39 arresti eseguiti mercoledì nell’ambito dell’operazione contro furti e spaccio tra Emilia-Romagna e Lombardia, spicca il nome di un carabiniere 60enne in servizio al Comando provinciale di Rimini, finito in manette insieme alla moglie. L’accusa: aver fornito informazioni per organizzare una rapina ai danni di un conoscente, con la complicità di una banda di criminali albanesi.
Il militare, soprannominato “il maresciallo” dai complici, avrebbe segnalato i movimenti della vittima, un residente riminese, che il 4 agosto scorso è stato aggredito da due uomini con il volto coperto. La banda gli ha sottratto un orologio di lusso da 45mila euro, che però è stato danneggiato durante l’azione, riducendo il guadagno. Secondo le indagini, il carabiniere, vicino alla pensione e in difficoltà economiche, avrebbe accettato di partecipare per un compenso di 4mila euro.
L’episodio non sarebbe stato un caso isolato: la rapina sarebbe servita ai malviventi per testare l’affidabilità del carabiniere, con l’obiettivo di coinvolgerlo successivamente nel trasporto di droga con l’auto di servizio. Tuttavia, l’operazione delle forze dell’ordine ha bloccato i piani prima che potessero concretizzarsi.
Mentre il carabiniere e sua moglie rigettano ogni accusa, il loro avvocato sostiene che il militare sia stato coinvolto solo a causa di una conoscenza occasionale con uno degli arrestati, incontrato in un negozio di frutta. Secondo la difesa, le intercettazioni sarebbero state male interpretate e non ci sarebbero prove concrete del loro coinvolgimento diretto.
Tutti i responsabili della rapina sono stati arrestati: oltre al carabiniere, tre albanesi e un uomo accusato di riciclaggio, mentre la moglie del militare è finita agli arresti domiciliari. L’indagine prosegue per ricostruire l’intero giro di affari illeciti legato alla banda.