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Operazione Cheope della Gdf di Rimini: sequestri per 7,3 milioni di euro; 13 gli indagati, due sono sammarinesi

L’attività ha permesso di individuare nel territorio riminese l’apice della rete di vendita di una società operante nel settore delle vendite “porta a porta” che commercializzava integratori alimentari

10 mag 2022

La Guardia di Finanza di Rimini ha sequestrato beni per oltre 7,3 milioni di euro, tra beni mobili ed immobili, a 13 soggetti dediti alla promozione e realizzazione, sull’intero territorio nazionale, di una struttura di vendita, in apparenza fondata sul network marketing, ma – in concreto – fondata sul reclutamento di nuovi soggetti con il sistema illegale delle «vendite piramidali». Degli indagati, tutti incensurati, due sono cittadini sammarinesi.

L’attività ha permesso di individuare nel territorio riminese l’apice della rete di vendita di una società, avente sede a Milano e operante nel settore delle vendite “porta a porta”, che commercializzava integratori alimentari. La società commercializzava nel territorio italiano i prodotti della capogruppo statunitense. Le vendite ai consumatori finali nazionali, in considerazione del precedente acquisto intracomunitario, generavano un ingente debito IVA, mai versato nelle casse dell’Erario.

A partire dal 2015, nella provincia di Rimini si era instaurato il primo nucleo di incaricati alle vendite dell’impresa che è arrivata ora ad essere una struttura piramidale composta da oltre 10.000 persone. Tra queste migliaia figuravano sia persone in cerca di prima occupazione, e che hanno investito - depauperandoli - i propri risparmi per inseguire il sogno di scalare la gerarchia della struttura di vendite, sia persone che, illuse dal progetto, hanno addirittura abbandonato la precedente attività lavorativa; sono loro le reali parti offese del sodalizio criminale, spesso anche inconsapevolmente.

Il reclutamento avveniva sui social network, attraverso piattaforme digitali, ma principalmente nel corso di eventi in presenza e in grande stile presso strutture molto appariscenti e famose come palasport e aree meeting di grandi alberghi, ubicati nei principali capoluoghi e della capitale. Nel corso di tali incontri i vertici descrivevano il proprio successo e quello degli “ambassador”, soggetti che da zero e in poco tempo erano riusciti a scalare la struttura arrivandone all’apice, delineando e descrivendo le metodologie di ricerca di nuovi “adepti” e i risultati economici cui, di conseguenza, era possibile giungere.

La società non aveva strutture operative in Italia, il suo core business - ossia le vendite di prodotti - veniva realizzato esclusivamente dagli incaricati alle vendite che erano, nel contempo, essi stessi clienti.





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