Logo San Marino RTV

Riciclaggio "Imi Sir": condannati l'ex Direttore di Cassa di Risparmio Luca Simoni, il commercialista Gabriele Bravi Tonossi e Filippo Dollfus

Per tutti pene superiori ai 4 anni. Disposte dal Commissario della Legge anche ingenti confische

23 mag 2019
Riciclaggio "Imi Sir": condannati l'ex Direttore di Cassa di Risparmio Luca Simoni, il commercialista Gabriele Bravi Tonossi e Filippo Dollfus
Riciclaggio "Imi Sir": condannati l'ex Direttore di Cassa di Risparmio Luca Simoni, il commercialista Gabriele Bravi Tonossi e Filippo Dollfus

Secondo il Magistrato Inquirente avevano riciclato, facendoli transitare in Repubblica, 15 milioni e 700.000 euro, derivanti dal clamoroso caso di corruzione giudiziaria passato alla storia, in Italia, con il nome “Imi Sir”. Ipotesi sostanzialmente accolta dal Giudice Battaglino, che ha condannato i 3 imputati di questo processo. Tra loro anche Luca Simoni, già Direttore di Cassa di Risparmio. Secondo l'accusa avrebbe strutturato e movimentato i fondi di società amministrate dal commercialista Gabriele Maria Bravi Tonosi ed il barone svizzero Filippo Luigi Ruggero Carlo Edoardo Dollfus De Volckersberg – coimputati nel processo -, affinché le operazioni fossero ricondotte a loro, e non all'ex Presidente del Gruppo Acqua Marcia, Francesco Bellavista Caltagirone, e a Rita Rovelli. L'udienza finale si è aperta con l'interrogatorio proprio di Simoni, che ha ricostruito i propri rapporti con Caltagirone, dicendo di come – quest'ultimo – gli avesse parlato di Bravi come “persona molto facoltosa”. “Secondo la Giustizia italiana – ha ricordato dal canto suo la Procura del Fisco – a San Marino avvenne il riciclaggio del riciclaggio”; “Bravi e Dollfus si servivano sistematicamente di molteplici società off shore”, con l'obiettivo di “rendere impossibile la ricostruzione dell'origine del flusso”. E poi l'accusa a Simoni: “è un esperto manager di banca – è stato detto – impossibile non si fosse reso conto di fornire un contributo all'occultamento di quelle somme ingenti”. Di tutt'altro avviso il team difensivo dell'ex Direttore di Carisp. “Questa mattina – ha detto uno degli avvocati – ero di buon umore, ero convinto che la PF avrebbe chiesto il proscioglimento di Simoni”. Il legale ha poi affermato che fu proprio l'intervento del suo assistito a portare al blocco da parte dell'AIF. Contestato fortemente il riciclaggio, poi, dalla Difesa di Bravi. “La somma – è stato detto – proveniva da un'operazione immobiliare in Canada a fine anni '70”. E' stato poi aggiunto come Caltagirone sia stato già processato a Torino; con sentenza di assoluzione passata in giudicato. I legali di Dollfus, invece, hanno sottolineato – tra le altre cose – come il loro assistito avesse già patteggiato, a Milano, in un processo riguardante anche questa vicenda; da qui la richiesta del riconoscimento del “ne bis in idem internazionale”. Argomenti che tuttavia non hanno convinto il Commissario della Legge che – ritoccando al ribasso le richieste della Procura del Fisco – ha condannato a 4 anni e 6 mesi di prigionia Simoni e Bravi Tonossi. 4 anni e 1 mese per Dollfus. Disposta, poi, la confisca dei 10 milioni e mezzo di euro sequestrati; e quella per equivalente di 2 milioni e mezzo per Simoni, e 5 milioni complessivi per gli altri due imputati. Praticamente certo, a questo punto, l'appello. Prima dell'udienza la lettura di alcune sentenze di secondo grado. Parzialmente riformato l'esito del processo per emissione di fatture false, e truffa ai danni dello Stato, nei confronti del riminese Luca Costanzi e della madre, che si era concluso – in primo grado – con le condanne rispettivamente a 2 anni e 6 mesi, e 2 anni. Per commettere i reati si sarebbero serviti di una società con sede in Piazza Enriquez a Dogana, presso la quale – stando a quanto scritto sui libri contabili – risultavano depositate 3.700 tonnellate di sabbia. La donna, fino ad un certo periodo, risultò amministratrice unica. “Ma non sapeva neppure cosa fosse una fattura”, aveva sottolineato in precedenza il difensore. In appello, per lei, è arrivata l'assoluzione “perché non consta abbastanza della colpevolezza”. Confermata, invece, la condanna per il figlio.


Riproduzione riservata ©