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Rimini: vendita anabolizzanti, sei indagati tra cui un medico sportivo

28 lug 2017
Rimini: vendita anabolizzanti, sei indagati tra cui un medico radiatoRimini: vendita anabolizzanti, sei indagati tra cui un medico sportivo
Rimini: vendita anabolizzanti, sei indagati tra cui un medico sportivo - L'operazione è stata condotta dalla sezione narcotici della Polizia di Rimini. I Carabinieri, invece...
Erano soprattutto i social network, i canali sui quali viaggiava il traffico illegale. Proprio su internet, infatti, secondo la Questura, acquirenti e venditori si scambiavano messaggi per le prescrizioni. Gli agenti di Polizia, su mandato del Pubblico Ministero Ercolani, hanno eseguito una decina di perquisizioni presso abitazioni private e due palestre - una a Cattolica ed una a Rimini -, sequestrando diverse scatole di fiale dei più diffusi farmaci anabolizzanti. Sei le persone indagate, tra cui un medico sportivo e diversi personal trainer. Le indagini rappresentano una costola della più ampia operazione, conclusa l'anno scorso, e denominata “Life style”, nel corso della quale furono eseguiti numerosi arresti per detenzione al fine di spaccio di sostanze stupefacenti, commercio di farmaci anabolizzanti e ricettazione. Da qui era iniziata un'opera capillare di monitoraggio delle palestre cittadine, e in particolare, dell'attività del medico che – pur essendo stato indagato in passato per fatti analoghi – secondo gli inquirenti continuava ad esercitare. Inevitabile, dunque, il deferimento per esercizio abusivo della professione. Di oggi anche la notizia dell'arresto, da parte dei Carabinieri di Rimini, di Cesare Giuffreda: il terzo uomo accusato del tentato omicidio del 51enne riminese Augusto Mulargia. La vicenda risale all'aprile dello scorso anno. Dopo una serie di intercettazioni i militari avevano fermato Emanuel Karim Camaldo – l'uomo che aveva esploso i due colpi d'arma da fuoco -, e il presunto mandante dell'agguato: Attilio Zandatina. Giuffreda – 33 anni, di Rimini – è il figliastro di quest'ultimo; e avrebbe guidato l'auto, con Camaldo a bordo, sul luogo del tentato omicidio. Secondo l'accusa doveva essere un regolamento di conti. Le indagini hanno poi appurato che Giuffreda ed il patrigno Zandatina avevano provveduto anche al pagamento delle spese legali per la difesa del complice.

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