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Stupri Rimini, la Procura indaga per le "fake news" della rete

14 set 2017
La Scientifica sul luogo del primo stupro
La Scientifica sul luogo del primo stupro
Diffamazione e divulgazione di notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico. Questa l'ipotesi di reato di un fascicolo aperto dal procuratore Paolo Giovagnoli relativamente alle "fake news" apparse in Rete nei giorni in cui la squadra mobile di Rimini stava indagando sul doppio stupro di Miramare e prima dell'arresto dei quattro ragazzi del "branco" per rapina e violenza sessuale.

L'indagine, affidata alla polizia postale, parte dalla querela per diffamazione presentata da 2 dei 4 tunisini, completamente estranei ai fatti del 25 agosto a Rimini, ritratti in una foto segnaletica dopo un arresto per droga e spacciati per gli stupratori. Da quel che trapela, pare che due dei tunisini abbiano ricevuto pesanti minacce in carcere, a seguito della pubblicazione di quella falsa notizia. Il fascicolo potrebbe allargarsi ad altre bufale comparse in rete.

Mentre sarà sentito a breve dagli investigatori il pachistano, ex mediatore culturale di una cooperativa, indagato dalla Procura di Bologna per istigazione a delinquere dopo il post su Facebook all'indomani delle violenze sessuali di Rimini: "Lo stupro è peggio solo all'inizio", aveva scritto. Sulla vicenda è stato aperto un fascicolo dal procuratore aggiunto Valter Giovannini, coordinatore del pool '"fasce deboli". Intanto hanno suscitato polemiche le frasi a Matrix del padre dei due fratelli minorenni marocchini, accusati di far parte del gruppo di stupratori, ora in carcere: "Sono ragazzini, fra due-tre anni usciranno e per lavorare, si faranno una vita". "Ho letto le parole sui giornali - ha commentato il procuratore aggiunto Giovannini, interpellato sul punto - e credo che debbano far riflettere molto perché forse questa è la percezione che la gente ha del nostro sistema penale".

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