Turchia: l'uccisione dell'ambasciatore russo non ferma i colloqui sulla Siria

Mevlut Mert Altintas. Questo il nome del 22enne killer di Andrei Karlov: ambasciatore russo in Turchia, ucciso davanti agli obiettivi delle telecamere nel corso dell'inaugurazione di una mostra fotografica ad Ankara. L'assassino – un poliziotto - era stato richiamato in servizio il 16 novembre: dopo un mese e mezzo di sospensione. Prima di essere crivellato di colpi, dalle forze speciali, ha inneggiato ad Allah, e dichiarato di aver agito per vendetta per quanto successo ad Aleppo. Non è ancora chiaro se si trattasse di un cane sciolto, o se invece avesse legami con uno dei gruppi islamisti radicali operanti in Turchia. Secondo l'analista Daniele Scalea colpire l'ambasciatore russo aveva un duplice scopo. In effetti il Cremlino ha già inviato in Turchia 18 investigatori, per far luce sulla vicenda. Sette le persone fermate fino ad ora, per i loro legami con il terrorista. Le indagini seguono la pista della rete di Fethullah Gulen: un tempo sodale ed oggi arcinemico di Erdogan. Quel che al momento appare certo è che l'assassinio non manderà a monte i colloqui sulla stabilizzazione della Siria, dopo la vittoria dei Governativi ad Aleppo. A Mosca si è tenuto regolarmente l'incontro tra i ministri degli esteri e della difesa di Russia, Turchia ed Iran. La crisi siriana – hanno convenuto i presenti – deve essere risolta politicamente; e va garantita la sovranità e l'integrità territoriale del Paese. Prima di iniziare i lavori è stata omaggiata la memoria di Karlov, che lascia la moglie ed un figlio.

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