Dedicato alla cucina di San Marino l'ultimo libro di Graziano Pozzetto

“Ai disattenti, agli scettici, agli indifferenti, ai pigri mentali, ai superficiali, a chi viene sommerso dalla sciatteria su ciò che mangia e beve non sembrerebbe. Eppure San Marino, a seguito di un ampio e qualificante rinascimento agroalimentare, rappresenta ed esprime un bacino enogastronomico di buon interesse e di apprezzabilissimo profilo”,
Così Graziano Pozzetto, pluripremiato autore rigoroso che da tutta la vita combatte le omologazioni che uccidono la cultura di un territorio e la memoria della sua gente, presenta il libro “La cucina, i sapori e i vini della Repubblica di San Marino”.
Pozzetto rileva subito che la cucina tradizionale sammarinese non si discosta più di tanto da quella della riviera e del Montefeltro e divide i piatti dei giorni feriali da quelli festivi.
Nel primo caso era la cucina della sopravvivenza: doveva scaldare, domare la fame, con le ministre senza uova e il brodo senza carne, i minestroni, il pancotto.
Più abbondante e più buona quella delle domeniche e delle feste comandate. Il brodo era di carne mentre le ministre asciutte restavano senza uovo: quindi gnocchi di patate e strozzapreti conditi con sugo di lardo e conserva casalinga. Le ricette raccolte sono un viaggio nella storia del Titano.
Si comincia con la ministrina in brodo per l'impagliata – la puerpera che dopo il parto era contrassegnata come se si trovasse nella paglia – la Tardura e il pancotto che vede tre diverse versioni. Tra le carni troviamo quella di porcospino, considerata una prelibatezza da chi faceva i conti con problemi di sopravvivenza.
Companatico dei poveri erano soprattutto l'aringa e il baccalà mentre per i dolci si utilizzavano le castagne, il sangue di maiale, le visciole.
Tante le ricette per il bustrengo e il caciatello, per i biscotti e i maritozzi. C'è anche la torta di pane vecchio, ammesso e non concesso che ne rimanesse a sufficienza. Ma ci sono anche merende, frittelle, crescie, spianate, cascioni e polenta.
Ogni ricetta è accompagnata da un vino del territorio. C'è anche la granita dei poveri: bisogna aspettare la neve, metterla in un bicchiere e versarci sopra un po' di vino.

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