Un rapporto profondo, rinnovato nel corso dei secoli: quello tra il Titano e l'isola dalmata di Arbe

"Una delle sagome più pittoresche, che mai isola non solo adriatica, ma mediterranea od atlantica, abbia offerto al navigante". Così la giornalista, scrittrice e storica ebrea Amy Allemand Bernardy, descriveva – ad inizio '900 – Arbe: l'isola da cui partì il diacono Marino, per farsi Santo sul Monte Titano.
La Bernardy nacque e crebbe a Firenze in un ambiente fortemente cosmopolita; lavorò per anni negli Stati Uniti, prima di tornare in Italia dove approfondì i suoi studi sulle correnti migratorie regionali, riuscendo a verificare i legami tra le comunità italiane nel mondo. Il padre – già console per gli Stati Uniti - aveva solidi legami con la Repubblica, dove Amy si recò varie volte per svolgere ricerche. Nel racconto pubblicato, su una rivista storica nel 1917, si ricordano le radici romane di Arbe. Poi – aggiunge la Bernardy – "la latinità cristiana, che la caratterizzò sino al decimo secolo, venne naturalmente a fondersi nella venezianità allora sorgente, diventando una delle più belle e floride città della Dalmazia.
I rapporti con la più antica Repubblica del Mondo, fondata secondo la tradizione proprio dal Santo arbesano, furono intensi sin da tempi remoti. La Bernardy ricorda l'esistenza di una lettera dei giudici e dei sindaci di Arbe – risalente al 1596 – con la quale ringraziavano l'arciprete di San Marino, Marino Bonetti, per un dono di eccezionale valore: una costa del corpo del Santo Marino. La preziosa Reliquia sarebbe stata riposta nella vecchia Cattedrale dell'Isola, distrutta – tuttavia – durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Una delle gite più amene – scriveva infine l'intellettuale ebrea – "è quella alla valle di Loparo donde è fama nell'isola che movesse al suo passaggio oltremare il Diacono Marino"

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