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Il calvario senza fine di una lavoratrice della Giochi del Titano

4 mar 2013
Il calvario senza fine di una lavoratrice della Giochi del Titano
Il calvario senza fine di una lavoratrice della Giochi del Titano
L’azienda la costringe a continuare a lavorare in una mansione incompatibile con le sue condizioni di salute. Il Direttore del Dipartimento Prevenzione e Sicurezza sul lavoro, che ha ribaltato il giudizio del medico aziendale, non vuole rispondere alla richiesta di indicare un altro ruolo nell’ambito dell’organizzazione aziendale.
Continua il lungo calvario della lavoratrice della Giochi del Titano, del cui caso abbiamo già parlato pubblicamente alcuni mesi orsono. La lavoratrice ha subito per anni abusi e vessazioni da parte dell’azienda, che tra le altre cose l’ha sospesa lasciandola per oltre 10 mesi senza retribuzione. In estrema sintesi, dopo aver svolto per anni la mansione di hostess di sala, ha sviluppato una patologia alla colonna vertebrale; vista l’impossibilità di continuare in questa attività, da tempo ha chiesto di essere assegnata ad altri incarichi, avendo anche nel frattempo conseguito nuovi titoli professionali. Ma l’azienda si rifiuta categoricamente di trovarle una mansione alternativa.
La lavoratrice ha fatto rientro al lavoro dopo 22 mesi tormentatissimi, subendo ancora abusi e prepotenze. Nel novembre scorso, scaduti i termini di legge (art. 30 L. n.73/2010), è stata visitata dal medico aziendale ma, su richiesta dell'azienda, solo per verificare la sua idoneità alla mansione specifica di hostess di sala, che implica lo stare in piedi per 6 ore di fila. Il medico aziendale, viste le sue condizioni di salute e visto il quadro clinico della signora, l’ha giudicata totalmente inidonea a tale mansione in maniera permanente.
Visto tale giudizio medico, l’azienda l’ha inizialmente sospesa in via “cautelativa”, lasciandola ancora una volta senza stipendio, in attesa dell’esito dell’eventuale ricorso. Dato che la direzione continua a non volerle assegnare altri incarichi compatibili con il suo stato di salute, la lavoratrice, con il supporto del sindacato, non ha potuto far altro, anche per tutelare il suo posto di lavoro, che fare il suddetto ricorso verso il giudizio del medico aziendale. In tal senso il ricorso, come prevede la legge, è stato rivolto al Dipartimento Prevenzione Sicurezza sul lavoro, nella speranza che venisse indicata una mansione alternativa compatibile per la lavoratrice all’interno dell’azienda.
Ebbene, il Direttore del Servizio, intervenuto personalmente, ha completamente ribaltato il giudizio formulato dal medico aziendale, dichiarandola totalmente abile alla mansione di hostess di sala. La cosa ha dell’incredibile. Com’è possibile questo completo ribaltamento del giudizio del medico aziendale, quando la sua patologia alla colonna vertebrale è ulteriormente peggiorata (n.d.r. vi sono i referti dei neurologi)? Com’è possibile che sia diventata idonea ad una mansione che determina un forte affaticamento, addirittura senza nemmeno prescriverle le pause periodiche che il medico ISS le aveva prescritto all'inizio della vicenda; medico che poi, nel gennaio 2011, le aveva riconosciuto una inidoneità totale temporanea?
Oltre a ciò, il Direttore del Dipartimento Prevenzione e Sicurezza sul lavoro continua a non voler minimamente rispondere alla richiesta di indicare all’azienda un altro ruolo nell’ambito dell’organizzazione aziendale che potrebbe essere compatibile con il quadro clinico della lavoratrice. Se non è un servizio pubblico come il Dipartimento Prevenzione e Sicurezza a farlo, a chi spetta questo compito??? Ad un medico incaricato dall'azienda??? Da dicembre il sindacato ha interpellato su questa vicenda anche i Segretari di Stato per la Sanità e per il Lavoro. Ma nessuno si è mai degnato di rispondere, nonostante varie lettere e sollecitazioni.
In sostanza, la lavoratrice non chiede altro che di lavorare, in una diversa mansione da quella di hostess di sala; ha le qualifiche professionali per farlo e la piena disponibilità. Perché l’azienda si ostina a rifiutarsi? Ciò è ancor più grave se si pensa che questa azienda per il 75% è dello Stato. Possibile che in una realtà che di fatto fa capo alle istituzioni sammarinesi, che dovrebbero essere baluardo del diritto e della dignità delle persone, sia così chiusa ad una legittima richiesta di una lavoratrice che chiede semplicemente di lavorare senza dover peggiorare il suo stato di salute?
Il sindacato continua nella sua azione di tutela di questa lavoratrice, perché possa vedere il prima possibile affermati sui legittimi diritti, non riconosciuti da un’azienda che finora ha assunto un atteggiamento autoritario, vessatorio e di incomprensibile chiusura.

Comunicato stampa di Emanuel Santolini - Funzionario CSdL

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