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Crisi aziendali: dura ricollocazione per le donne

17 feb 2006
Crisi aziendali: dura ricollocazione per le donne
Sono stati sei mesi caldi sul fronte delle vertenze occupazionali nel settore industria. Soprattutto tre le aziende interessate da significativi processi di riduzione del personale: Arte, Data Print e Calzaturificio Titan. Circa 100 i lavoratori coinvolti di cui una trentina donne. Ma se per gli uomini la ricollocazione è avvenuta senza troppe difficoltà, sicuramente è stato più difficile per il personale femminile. I circa 40 sammarinesi e residenti hanno trovato rapidamente lavoro in altre aziende, anche se di diverso settore. Dei circa 30 lavoratori forensi, una metà è stata impiegata in aziende del Titano, mentre gli altri sono stati ricollocati in Italia. Delle trenta donne nessun problema per le sammarinesi, che hanno trovato quasi tutte un nuovo lavoro, in gran parte presso la LCS, mentre per le non residenti (circa la metà), per ora non si sono trovate soluzioni occupazionali. “In generale - commenta il Segretario FULI-CSdL, Enzo Merlini - nei settori industriali per la manodopera femminile è più difficile trovare una ricollocazione professionale adeguata, soprattutto per le lavoratrici più anziane. Da circa 10 anni scontiamo l’assenza di una politica economica e di investimenti produttivi, per cui non si sono create nuove aziende industriali in grado di dare occupazione alle lavoratrici. Le attività produttive già esistenti a San Marino che per fortuna in alcuni casi ancora si sviluppano - continua Merlini - hanno una tipologia di lavoro poco adatta alla manodopera femminile”.

La replica di Anis: 'Più difficile assumere le donne'
Assumere donne è difficile, un dato di fatto non solo sammarinese. Per un’azienda, rischiare di perdere poco tempo dopo l’assunzione la propria lavoratrice per maternità, che magari ritorna poi con un part time, significa perdere tempo. In Repubblica qualche incentivo è stato però introdotto, con sgravi fiscali per chi assume donne part time. Certo è che il problema persiste: anche i dati statistici parlano chiaro, a dicembre 2005 i disoccupati sono 671, con un tasso del 4,43%, contro il 3,8% dell’anno scorso, 325 quelli in senso stretto, 76 in più rispetto a dicembre 2004, e le donne detengono il primato, 192 quelle in attesa di un posto, a fronte di 133 uomini. “Viviamo ancora in una società un po’ maschilista, purtroppo”, ammette Carlo Giorgi, segretario dell’Assoindustria, che però cita realtà industriali, a San Marino, che ricorrono largamente alla manodopera femminile, proprio per la tipologia di lavoro che svolgono, come ad esempio l’LCS. “Dire che non c’è stato sviluppo per la manodopera femminile è vero – continua Giorgi – ma direi che non c’è stato sviluppo in senso generale, e a questo proposito anche il sindacato dovrebbe iniziare a porsi qualche domanda. L’instabilità dei governi ha certo contribuito, ora qualche piccolo passo in avanti è stato compiuto, come la riduzione dell’aliquota, la legge sugli utili reinvestiti, ma molto resta ancora da fare, come la riforma fiscale ferma al palo per mancanza di accordo tra le forze di governo. Sicuro è – attacca Giorgi – che l’atteggiamento del sindacato è uno dei più grossi freni allo sviluppo, almeno fino a che continuerà a basarsi solo sulle rivendicazioni, sulle barricate, sugli scontri”. Giorgi va anche oltre: “Per assumere personale, in base alla nuova legge, siamo costretti a trattative assurde, estenuanti. La Csu chiede cambi di contratto per firmare le assunzioni, che altrimenti restano nel cassetto. Non si può andare avanti così – conclude – fino a che la Federazione Industria, in particolare, sarà gestita in questa maniera”.

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