Esterovestizione. La sentenza della Cassazione non inasprisce il principio della stabile organizzazione

Esterovestizione. La sentenza della Cassazione non inasprisce il principio della stabile organizzazione.
“Questa sentenza non fa altro che ribadire ciò che per noi era già pacifico”. Così il colonnello Gianfranco Lucignano, della Guardia di Finanza di Rimini, commenta la sentenza del 29 maggio scorso della Terza Sezione Penale della Cassazione. La Suprema Corte aveva confermato la confisca di quote aziendali, a carico di una società sammarinese operante nel settore dell’abbigliamento, per evasione di IVA ed Ires. Il motivo? La produzione di abiti era affidata a ditte individuali italiane solo formalmente indipendenti, in realtà – secondo i Magistrati – riconducibili di fatto alla società sammarinese; vi sarebbero stati anche vincoli di parentela tra i vertici delle varie aziende. E proprio questo sarebbe l’elemento nuovo: la stabile organizzazione in Italia di una ditta straniera può essere ricavata anche da elementi indiziari quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipula di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza. Si è parlato allora di impossibilità sostanziale – per le aziende sammarinesi – di vendere in Italia tramite agenti, per non incorrere nella doppia tassazione. “Non è così – afferma Lucignano –; se gli agenti sono organizzati in un’impresa allora questa impresa dovrà pagare le tasse in Italia sulle provvigioni. Ma questo è normale e non cambia nulla per San Marino. Restano da chiarire, invece, gli standard operativi riguardo alle aziende del Titano che – anziché vendere beni, oltreconfine – forniscono servizi.

Gianmarco Morosini

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