
Secondo i calcoli della CSDL, lo Stato ha incassato indebitamente oltre 10 milioni di euro nel 2024 a causa della mancata applicazione della legge sul fiscal drag. A farne le spese, ancora una volta, sono stati lavoratori dipendenti e pensionati, colpiti da un prelievo fiscale eccessivo sui propri redditi.
Il meccanismo previsto dalla riforma tributaria del 2013 imponeva l’adeguamento degli scaglioni IRPEF all’inflazione, ma tale aggiornamento non è mai avvenuto. Le aliquote progressive – che vanno dal 9% al 35% – sono quindi rimaste ferme, nonostante l’aumento del costo della vita, generando un aggravio fiscale su chi ha visto salire il proprio reddito nominale senza reali benefici.
La CSDL stima che, per effetto di questo mancato aggiornamento, circa 5 milioni di euro siano stati pagati in più dai lavoratori e altri 2 milioni dai pensionati con redditi medio-bassi, i quali rappresentano la grande maggioranza dei contribuenti. Solo una minima parte del gettito proviene infatti dai redditi alti (oltre 90.000 euro), che restano numericamente marginali.
Per il 2025, la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente, complice l’aumento degli occupati e i rinnovi contrattuali. Il sindacato sottolinea che applicare il fiscal drag significherebbe restituire circa l’1% di potere d’acquisto alle fasce più deboli, senza impatto sui conti pubblici.
Fin dallo sciopero generale del dicembre 2023, i tre sindacati hanno proposto di usare quelle risorse per ridurre i contributi e rivalutare le pensioni più basse, ma il Governo ha ignorato la richiesta.
"È inaccettabile che lo Stato trattenga somme ottenute violando una legge in vigore" – conclude la CSDL – chiedendo un intervento immediato di equità e giustizia fiscale.